Il sequestro dell'area artigianale D1.1
Il sequestro dell'area artigianale D1.1
Cronaca

D1.1, la parola alla Corte Costituzionale. Il commento dell'avvocato Depalma

Lo ha deciso la Corte di Appello di Bari sollevando una questione di legittimità

Sarà la Corte Costituzionale a stabilire se è legittima la confisca di 123 unità immobiliari, nella maggior parte dei casi villette a schiera, costruite nell'area D1.1, la zona artigianale di Giovinazzo, considerato che i reati sono ormai prescritti.

Lo hanno deciso, lo scorso 18 maggio, i giudici della Corte di Appello di Bari sollevando la questione di legittimità costituzionale nell'ambito del procedimento penale in corso nei confronti di 143 imputati, tra cui funzionari del Comune di Giovinazzo, tutti accusati di lottizzazione abusiva e già condannati in primo grado a pene comprese fra i 18 e i 2 mesi di arresto.

«La Corte ritiene - si legge nel provvedimento - che non meriti la sanzione della confisca l'anello debole e finale del meccanismo, rappresentato dai proprietari». Nel processo, inoltre, sono imputati anche costruttori, progettisti, direttori dei lavori e funzionari del Comune di Giovinazzo. Una «lunga catena di responsabilità» nella quale risulta «sproporzionata» e «inutilmente vessatoria ed eccessivamente gravosa la misura della confisca».

La parola passa adesso alla Corte Costituzionale a cui la Corte di Appello di Bari chiede di valutare la incostituzionalità dell'articolo del testo unico sull'edilizia. Ma cosa ne pensano gli avvocati giovinazzesi? Lo abbiamo chiesto - fra gli altri - a Vito Antonio Depalma.

«La recente ordinanza della Corte d'Appello di Bari sul caso D1.1 - scrive il legale giovinazzese - opera un notevole passo in avanti per una interpretazione più corretta dell'intera vicenda. La motivazione, seppur parta da un presupposto che, secondo questa difesa, non è condivisibile, giunge a conclusioni coerenti.

Il presupposto non condiviso è l'accertamento della mancato rispetto della proporzione tra l'area destinata alla residenza e l'area riservata all'attività artigianale, trattandosi, nel caso di specie, non già di zona artigianale (come volgarmente chiamata), bensì di zona mista, ove tale proporzione non è richiesta (o quantomeno non è richiesta nel limite del 25% della volumetria per la destinazione residenziale).

Tale presupposto non condiviso, porta con sé, invece, una serie di considerazioni estremamente favorevoli per taluni imputati:
  1. L'aver limitato la violazione a tale condotta, ovvero alla elaborazione della successiva variante al piano di lottizzazione, nel contempo ha riconosciuto implicitamente la piena legittimità del procedimento amministrativo nelle fasi precedenti (oggetto di contestazione, invece, in seno alla sentenza di primo grado: distanze dalla ferrovia, partecipazione delle FF.SS. al procedimento etc.);
  2. L'elemento psicologico accertato in capo ai singoli proprietari è la colpa lieve, essendosi gli stessi, "dimostrati molto ingenui nel procedere [...] all'investimento immobiliare più importante della loro vita" (la sentenza di primo grado aveva attribuito stesso identico profilo psicologico a tutti gli imputati).
Quest'ultimo dato, alla stregua degli insegnamenti CEDU, ha condotto la Corte a sollevare la questione di legittimità costituzionale affinché, in presenza di prescrizione del reato lottizzatorio, come nel caso di specie, e di colpa lieve, si possa sostituire la "sanzione" della confisca con l'adeguamento parziale delle opere eseguite per renderle conformi alle prescrizioni violate relative alla supposta modificazione d'uso.

Ora la parola alla Corte Costituzionale che, ci si augura, adeguerà il proprio orientamento alle prescrizioni CEDU, consentendo alla Corte d'Appello di ordinare l'adeguamento; se così non fosse, ove la Corte d'Appello si troverà costretta a comminare la confisca, sarà imprescindibile l'impugnazione della sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione affinché sia dichiarata la corretta destinazione della zona (zona mista) e sia evitata l'ingiusta misura della confisca.

Noi avvocati vigileremo sulla esatta interpretazione delle norme».
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  • Vito Antonio Depalma
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