
Religioni
Quella comunità in cammino è speranza per la Chiesa locale
Ieri celebrata al Padre Eterno la solennità della Trasfigurazione di Nostro Signore
Giovinazzo - giovedì 7 agosto 2025
10.03
«Questo è un Santuario, perché è un luogo "santo" che noi raggiungiamo in pellegrinaggio. Ed il pellegrinaggio è un muoversi verso Dio, è un cammino alla ricerca del Signore, verso di Lui, perché il popolo di Dio è costantemente in cammino».
Con queste parole, padre Francesco Depalo, amministratore della parrocchia Concattedrale di Santa Maria Assunta ha aperto la messa vespertina all'esterno della chiesetta rurale del Padre Eterno, già Santa Maria di Corsignano, nella giornata in cui la Chiesa Cattolica ha celebrato la solennità della Trasfigurazione di Nostro Signore.
Sin dall'alba decine di fedeli hanno raggiunto l'agro tra Giovinazzo e Terlizzi per raccogliersi in preghiera e seguire la Liturgia della Parola. Un pellegrinaggio costante, con ogni mezzo, a testimoniare quanto negli ultimi anni (grazie all'azione dei sacerdoti, dei volontari della Concattedrale ed all'amplificazione data dai mezzi di informazione) questo antico rito si sia rinvigorito.
Ciò che ci stupisce di anno in anno è la compostezza del rito del Triduo di preparazione e quindi della celebrazione della Trasfigurazione di Nostro Signore, lontanissima dai lustrini di altre festività a Giovinazzo. Quel luogo resta un luogo "santo", perché ad esso i giovinazzesi si recano per entrare in una comunicazione diretta con il Signore. È quello, va ricordato sempre, il luogo in cui è nato il culto mariano a Giovinazzo ed è quello il luogo presso cui tutte le pene interiori - ha ragione padre Francesco Depalo - vengono ascoltate dal Dio del perdono «che tutto sa, che ascolta tutti, che ama tutti, nessuno escluso, anche e soprattutto i più derelitti, gli esclusi, gli ultimi».
La comunità che si è mossa verso le campagne tra Giovinazzo e Terlizzi, al di là del dato anagrafico di ciascuno, è una comunità viva, in cammino appunto, come avrebbe voluto don Tonino Bello e rappresenta una grande speranza per la Chiesa locale. Ed è una comunità consapevole che la tradizione fine a sé stessa non può bastare e che la fede si alimenta con la preghiera profonda, con l'invocazione al trascendente che potrà anche essere invisibile agli occhi, ma lascia tracce profonde nel cuore.
Ora resta un ultimo passaggio: tenere aperto quel luogo santo ogni volta che sarà possibile, collaborando con sacerdoti e volontarie che da anni si caricano di questo compito non semplice. Quella comunità in cammino ne ha profondamente bisogno.
Con queste parole, padre Francesco Depalo, amministratore della parrocchia Concattedrale di Santa Maria Assunta ha aperto la messa vespertina all'esterno della chiesetta rurale del Padre Eterno, già Santa Maria di Corsignano, nella giornata in cui la Chiesa Cattolica ha celebrato la solennità della Trasfigurazione di Nostro Signore.
Sin dall'alba decine di fedeli hanno raggiunto l'agro tra Giovinazzo e Terlizzi per raccogliersi in preghiera e seguire la Liturgia della Parola. Un pellegrinaggio costante, con ogni mezzo, a testimoniare quanto negli ultimi anni (grazie all'azione dei sacerdoti, dei volontari della Concattedrale ed all'amplificazione data dai mezzi di informazione) questo antico rito si sia rinvigorito.
Ciò che ci stupisce di anno in anno è la compostezza del rito del Triduo di preparazione e quindi della celebrazione della Trasfigurazione di Nostro Signore, lontanissima dai lustrini di altre festività a Giovinazzo. Quel luogo resta un luogo "santo", perché ad esso i giovinazzesi si recano per entrare in una comunicazione diretta con il Signore. È quello, va ricordato sempre, il luogo in cui è nato il culto mariano a Giovinazzo ed è quello il luogo presso cui tutte le pene interiori - ha ragione padre Francesco Depalo - vengono ascoltate dal Dio del perdono «che tutto sa, che ascolta tutti, che ama tutti, nessuno escluso, anche e soprattutto i più derelitti, gli esclusi, gli ultimi».
La comunità che si è mossa verso le campagne tra Giovinazzo e Terlizzi, al di là del dato anagrafico di ciascuno, è una comunità viva, in cammino appunto, come avrebbe voluto don Tonino Bello e rappresenta una grande speranza per la Chiesa locale. Ed è una comunità consapevole che la tradizione fine a sé stessa non può bastare e che la fede si alimenta con la preghiera profonda, con l'invocazione al trascendente che potrà anche essere invisibile agli occhi, ma lascia tracce profonde nel cuore.
Ora resta un ultimo passaggio: tenere aperto quel luogo santo ogni volta che sarà possibile, collaborando con sacerdoti e volontarie che da anni si caricano di questo compito non semplice. Quella comunità in cammino ne ha profondamente bisogno.