Giuseppe Palmiotto
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Eventi e cultura

Giuseppe Palmiotto e le sue foto che sembrano dipinti

Ottimo riscontro di pubblico per la personale "Cittàdimare"

Sembrano dipinti, ma non lo sono.

Gli scatti di Giuseppe Palmiotto, fotografo professionista giovinazzese, in mostra in Sala San Felice dal 12 al 17 luglio scorsi, hanno conquistato i visitatori della personale "Cittàdamare", svoltasi in Sala San Felice.

Foto scattate quasi tutte nel porticciolo della sua città, in un angolo di mondo che sa ispirarlo tanto quanto la Murgia tarantina, sua seconda patria. Palmiotto ha così esposto fotografie che possono apparire ad uno sguardo distratto dipinti di paesaggi, tra l'impressionismo e l'astrattismo novecentesco, ma che in realtà non sono altro che primissimi piani di barche e sabbia, capaci di creare suggestioni nel visitatore. Quel che sembra non è, quel che è non sembra.

Primi piani di vernici che divengono paesaggi al tramonto o mari tempestosi, mentre un bagnasciuga può dar luogo a suggestioni che portano la mente a piste desertiche.

Fotografie definite più volte «dall'effetto straniante», frutto in realtà di lungo studio e conoscenza delle tecniche, che si sono sposate con intuizioni, visioni, tipiche di un artista maturo che ha sempre voglia di sperimentare, di cambiare.

Come ci aveva raccontato lo stesso fotografo, alla base della tecnica con cui ha dato vita agli scatti in mostra anche a Giocinazzo ci sono due episodi rivelatesi per lui visionari. Il primo riguarda una sera di qualche anno fa, in cui Palmiotto, uscendo da un ristorante, venne attirato da una barca capovolta e con la vernice scrostata in cui l'artista della foto scorse similitudini con il noto dipinto di Matisse "La Danza". Il secondo, invece, fa riferimento ad un momento di vita quotidiana, quando il fotografo giovinazzese fu attirato da un libro di storia dell'arte, dimenticato a casa da uno dei suoi figli, e cominciò a sfogliarlo. Da quell'evento casuale e dalla curiosità crescente, il fotografo iniziò ad interessarsi sempre più all'arte di maestri del '900 come Jackson Pollock, Mark Rhootk, Yves Klein, Alberto Burri, che di lì a poco sarebbero diventati fonte d'ispirazione illuminante per la sua carriera e gli avrebbero indicato la via verso la produzione della foto artistica.

«Dalla curiosità o anche da ciò che in un primo momento ci appare come un errore possono nascere grandi cose», ci ha raccontato in Sala San Felice con il suo modo calmo di illustrare quella che lui ha più volte definito "l'attività di un artigiano curioso" e non arte, tra l'altro ben presentata nell'allestimento di suo figlio Giovanni, architetto che si sta facendo strada a Milano.

«Mi sono preso il mio tempo, non solo durante il lockdown, quando di tempo ne avevamo tanto. Ed ho scattato, con calma, quando sentivo fosse il momento giusto». Scatti semplici solo all'apparenza, poi lavorati, che invece denotano una vena innovativa, un senso del presente che si eterna nel preciso istante in cui si sente "clic".

Foto che sembrano dipinti su tela dei maestri impressionisti, talvolta spingendosi verso la contaminazione dei secoli successivi, che delineano paesaggi che non esistono, mondi in cui ci proiettiamo con la nostra mente.
Certamente nulla di visto prima, almeno in Puglia. Certamente il frutto di un lungo lavoro di osservazione che fa di Giuseppe Palmiotto un innovatore nel suo campo.
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