Un carcere
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Cronaca

Omicidio Fiorentino, parla solo Giangaspero: «Confermo le mie dichiarazioni»

Ieri gli interrogatori di garanzia davanti alla gip Perrelli: Mesecorto non parla, muti anche tutti gli altri indagati

Si sono svolti ieri, fra i penitenziari di Bari, Pesaro, Reggio Calabria e Tolmezzo, dove sono reclusi, gli interrogatori di garanzia delle sei persone arrestate martedì, dai Carabinieri, per l'omicidio di Claudio Fiorentino, il 33enne freddato il 3 giugno 2014 dal clan Di Cosola per il controllo del racket delle estorsioni a Giovinazzo.

Piero Mesecorto, ritenuto uno dei due esecutori materiali e difeso dall'avvocato Massimo Roberto Chiusolo, ha scelto la strada del silenzio, dinanzi al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Anna Perrelli. Anche Luigi Guglielmi, Mario Del Vecchio e i fratelli Carmine e Pasquale Maisto, assistiti dagli avvocati Raffaele Quarta e Marcello Belsito, hanno scelto la stessa linea difensiva, preferendo non rispondere ai vari quesiti «in attesa di valutare la copiosa mole di atti».

L'unico a rispondere è stato Michele Giangaspero che si è autoaccusato del delitto, diventando un collaboratore di giustizia. L'uomo, il solo ai domiciliari e difeso dall'avvocato Fabrizio Caniglia, ha confermato le dichiarazioni rese agli inquirenti, condotti dai pubblici ministeri antimafia Federico Perrone Capano e Domenico Minardi, sin dal 2018, quando ha consentito il ritrovamento di vari parti dell'arma, lanciata all'interno di un pozzo della discarica di San Pietro Pago, a Giovinazzo.

Negli anni, gli investigatori hanno ricostruito un delitto «preparato accuratamente», come l'ha definito il procuratore aggiunto Francesco Giannella. Fiorentino era uscito col suo calesse quando fu colpito da 9 proiettili, esplosi da una Micro Uzi. Secondo gli inquirenti a sparare fu Mesecorto, a guidare la moto Giangaspero.
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