Federico Pirro
Federico Pirro
Territorio

«Il lento declino di Giovinazzo in una provincia tra le più produttive d’Italia»

La zona Asi una opportunità per rilanciare l’occupazione e l’economia locale

«Le aree industriali della provincia di Bari sono per produttività le seconde in tutto il Mezzogiorno. E sono tra i primi 10 punti produttivi più importanti d'Italia». Così ha esordito Isidoro Mortellaro nel corso del secondo incontro dedicato al lavoro, voluto dal Comitato per la Salute Pubblica. Un ciclo di incontri, si concluderanno giovedì prossimo, dal titolo "Giovinazzo nell'area metropolitana", che vuole fornire una fotografia a tutto tondo di una Giovinazzo, parte integrante di un'area vasta ben prima della istituzione della Città Metropolitana di Bari.

Un dato, quello fornito da Mortellaro, sconosciuto ai più, a cui Giovinazzo negli scorsi decenni ha contribuito e non poco, con le sue Acciaierie e ferriere pugliesi e con tutto l'indotto della grande fabbrica siderurgica che fino agli anni '80 è stata tra le più importanti del Paese. «Una fabbrica che alimentava l'intera economia locale - ha affermato Santo Restivo presentando l'incontro a cui ha partecipato Federico Pirro, docente di Storia dell'industria all'Università di Bari - ma che dopo la sua chiusura ha segnato un inesorabile declino per l'economia giovinazzese. La città - ha continuato - in questi decenni ha perso la generazione di mezzo, la forza lavoro è diventata pendolare oppure è dovuta emigrare. Resiste solo un artigianato di servizio, non produttivo. Resiste solo la Prysmian, con l'agricoltura e la marineria che non contribuisce allo sviluppo».

Se è questo il quadro generale, come vive Giovinazzo? A rispondere è ancora Mortellaro. «Viviamo del nostro passato - afferma -. E il passato sono le pensioni che gli ex operai delle AFP ancora percepiscono e che oggi alimentano l'economia locale. Pensioni che per emolumenti sono al terzo posto dopo Bari e Modugno e che è ancora oggi sono tra i più alti dell'intera provincia di Bari. Quei redditi però inevitabilmente destinati ad estinguersi». Secondo i dati forniti da Mortellaro, dal 2001 al 2011, anni in cui sono stati effettuati i censimenti nazionali, a Giovinazzo si sono persi oltre 1.000 posti di lavoro. Solo nella scuola gli occupati sono scesi da 630 addetti a 370. Come cambiare quindi questa tendenza? Mortellaro ha le idee chiare.

«Bisognerebbe ripartire - ha affermato - da quello che il tessuto produttivo giovinazzese sa fare e che in realtà ancora fa nelle industrie manifatturiere delle zone industriali di Bari, soprattutto, e Molfetta. E da questo punto di vista la zona ASI, quella che si estende tra Bitonto e Giovinazzo potrebbe essere una opportunità». Proprio quell'area di sviluppo industriale da cui Giovinazzo vorrebbe uscire. Proprio adesso che il consorzio ASI sembra pronto a investire ingenti somme in quella zona.

«Le aree industriali di Bari e Molfetta sono sature - ha confermato Pirro -. Giovinazzo dovrebbe essere pronta ad accogliere la tracimazione delle industrie di quelle zone industriali. Così la città potrebbe trovare nel suo grande passato il futuro. Ma per permettere questo bisognerebbe essere in grado di discutere e fare pressioni sul sindaco della Città Metropolitana. Giovinazzo ha la fortuna geografica di essere città di cerniera, di essere nella prima fascia, quella più a ridosso del capoluogo, ben infrastrutturata. Linee ferroviarie, assi viarie come l'autostrada e la 16 bis, aeroporto e porti, quello di Bari e quello di Molfetta sono a portata di mano».

«E zona ASI non vuol dire solo industria pesante. Vuol dire vedere l'insediamento di azienda specializzate nella meccatronica, nella robotica, nelle alte tecnologie, come del resto sta succedendo in altre zone della Provincia che si stanno caratterizzando per essere delle eccellenze italiane. La domanda di suoli e di aree dove impiantare aziende esiste. Si, la zona Asi di Giovinazzo è una opportunità, bisognerebbe però che la città abbia una visione e una progettualità in questo senso e che sia capace di "discutere" con la Città Metropolitana, con la regione, con le banche, per farsi trovare pronta, come del resto ha fatto la vicina Molfetta nei decenni passati».

(Mino Ciocia)
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