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Nasce il Presidio "Michele Fazio" di Libera. Foto Giuseppe Dalbis
Vita di città

Libera, un presidio di legalità anche a Giovinazzo

Ieri sera la presentazione e l’intitolazione a Michele Fazio alla presenza dei genitori della vittima di mafia

Una Sala San Felice gremita ha accolto ieri sera la nascita del Presidio "Michele Fazio" di Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie nella nostra città. Un presidio istituito ufficialmente il 10 gennaio scorso ma al quale hanno cominciato a lavorare già nel 2017 tre associazioni locali, ovvero LED, l'AGESCI Giovinazzo 1 e l'Associazione Don Saverio Bavaro – Biblioteca dei ragazzi Antonio Daconto.

Mario Dabbicco, referente regionale di Libera Puglia, ha spiegato le origini di un'associazione nata da un'iniziativa di don Ciotti, Caselli, Violante e Rita Borsellino all'indomani della stagione delle stragi, per mettere in rete associazioni al fine di promuovere «la cultura della legalità, l'antimafia sociale, più che l'avversione alla mafia. L'essere per e non contro, così come hanno fatto i genitori di Michele Fazio».

A Pinuccio Fazio è toccato il racconto di quella sera del 12 luglio 2001, quando suo figlio Michele, appena quindicenne, fu ucciso per errore sotto casa, in Largo Amendoni a Bari Vecchia dove ora sorge il monumento di Folon, da una banda di ragazzini coinvolta in un regolamento di conti tra clan rivali. Il papà di Michele ha anche ripercorso il calvario degli anni a seguire, con la richiesta di archiviazione da parte del Pm, con le inevitabili ripercussioni sul clima familiare, e poi l'avvicinamento di forze dell'ordine e stampa, l'invito in una trasmissione televisiva che li ha fatti ripartire. Nel 2004 ci fu la riapertura delle indagini e un anno dopo la cattura degli esecutori che fu per i coniugi Fazio l'inizio di una nuova primavera.
Hanno anche costituito una cooperativa per dare un lavoro dignitoso agli ex detenuti e hanno avuto l'occasione di incontrare, e perdonare, l'assassino del loro figlio.

A quel faccia a faccia era presente in veste di mediatore penale Damiano Nirchio, che ieri sera ha rivelato la genesi dell'incontro e la storia di un ragazzino lavoratore, armato un'unica volta dalla propria famiglia appartenente alla criminalità organizzata. In carcere, con Michele sempre in testa, aveva compiuto autonomamente un percorso di ravvedimento, poi l'occasione tanto sognata di incontrare Pinuccio e Lella Fazio che arriva persino a chiamarlo "figlio mio", «uno degli atti più potenti ed eversivi nel segno dell'antimafia».

Molto toccante anche la testimonianza di Lella, una mamma straziata dal dolore ma con una forza incredibile, capace di affrontare a viso aperto, già dalla notte della sparatoria, le famiglie che controllavano una Bari Vecchia allora impenetrabile ma che lei conosceva da sempre. Una mamma che attribuisce alle donne dei clan la responsabilità di rovinare i propri figli, che finiscono o in carcere o ammazzati, pur di detenere il controllo dei quartieri.

In chiusura, prima degli interventi dei cittadini, quello dell'On. Francesca Galizia, in qualità di madre e di ex scout, convinta dell'importanza dell'associazionismo e del lavoro della politica in difesa della legalità.

Il Sindaco Depalma, nel suo saluto istituzionale, ha ribadito la disponibilità a lavorare in sinergia con le associazioni, e soprattutto con i giovani che devono essere in prima linea più degli altri, per difendere dalla città dai malviventi, «perché pur non avendo un consolidato storico, sono tra noi scorie di criminalità». Ha invitato Damiano Nirchio a portare la sua testimonianza e quella dei suoi ragazzi difficili nelle nostre scuole, poi, profondamente commosso come tutta la platea e rivolgendosi ai Fazio: «Michele non voleva fare la fine dei suoi coetanei e voleva diventare qualcuno, magari un carabiniere… è diventato importante da semplice ragazzo. E i suoi genitori ci danno la testimonianza che è più importante fare la vita bella piuttosto che la "bella vita" delle donne dei clan».
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