Savino Melone
Savino Melone
Vita di città

Carmelo Abbate racconta Savino Melone, il marinaio gentiluomo

Sulla pagina Facebook "Storie Nere" una incredibile vicenda maturata in trent'anni

Ci sono storie che vanno raccontate e non lasciate nel dimenticatoio. Vanno raccontate perché riannodano i fili della memoria e la rendono viva, riportando a galla sentimenti ed emozioni che non riescono ad essere contenuti all'interno di una scatola e certe volte nemmeno nel cuore di un'unica persona.
Lo sa bene Carmelo Abbate, saggista, giornalista e scrittore di libri che sovente tocca temi scottanti senza farne mai una battaglia ideologica, ma focalizzandosi su ciò che la storia e la cronaca (dimenticata) offrono.
La sua pagina Facebook "Storie nere" ne ha pubblicata una bellissima per i risvolti postumi, maturata in pieno orrore da Seconda Guerra Mondiale. Quella storia riguarda Giovinazzo ed un giovinazzese, Savino Melone. Lasciamo che a raccontarla siano le parole scritte da Abbate col suo stile chiaro, lineare. (G.B.)

Lui è Savino. Nasce a Giovinazzo, in provincia di Bari, nel 1920. Scoppia la seconda guerra mondiale, Savino combatte, è ufficiale di marina. È il 1943. Savino sta rientrando a casa, a Bari. Il treno su cui viaggia si ferma. Sopra di lui, tutto attorno, c'è un bombardamento violentissimo. È il caos. Il treno si svuota, i passeggeri fuggono, donne, uomini, bambini, si buttano fuori in cerca di un riparo. Savino pensa a sua moglie Elda, al suo piccolo Nicola di soli 2 anni. Deve salvarsi, deve tornare da loro, lo stanno aspettando. Si mischia nella marea umana. Scende dal treno, corre, deve allontanarsi da quel facile bersaglio. Sente un pianto, delle grida. Si volta. Sul treno è rimasta una donna. È immobile, sotto shock, la paura è troppa. In braccio stringe un fagottino, il suo neonato. Savino non ci pensa due volte. Torna indietro. Sale sul treno. Vieni, fidati di me. Prende in braccio il bambino. Tiene la donna per mano. Attraversano i vagoni di corsa. Saltano giù dal convoglio. Scappano. Corrono a perdifiato, mano nella mano. Senza voltarsi. Lasciano la stazione e raggiungono la strada. Savino non si ferma finché non arrivano in paese. Lì dovrebbero essere al sicuro, i rumori delle esplosioni sono lontani. Savino restituisce il bimbo alla donna. Lei lo guarda negli occhi. Non riesce a parlare, è ancora sconvolta. Lo ringrazia con lo sguardo. Vorrebbe chiedergli il nome, ma le parole non escono. Savino la saluta. Torna a casa, da sua moglie e suo figlio. Passano 30 anni. Nicola, il figlio di Savino, chiede al padre di accompagnarlo dal notaio. Savino va con lui. Entra nello studio notarile. Incrocia lo sguardo di una donna. È la moglie del notaio. Lei non va mai a trovare il marito al lavoro. Si trova lì per caso. La donna fissa Savino negli occhi. Si perde in quegli occhi celesti, quasi trasparenti. Inconfondibili. Scoppia a piangere. Tra i singhiozzi gli dice che l'ha cercato per anni. Voleva ringraziarlo. Lui le ha salvato la vita. A lei e a suo figlio. Savino Melone ricorda. La abbraccia. È come se si conoscessero da sempre.
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