Omicidio Fiorentino, cinque condanne in primo grado a 30 anni

Il delitto risale al 2014, undici anni dopo la sentenza per mandanti, sicari e fiancheggiatori. L'accusa aveva chiesto l'ergastolo

mercoledì 25 giugno 2025 1.14
A cura di La Redazione
Un delitto, quello di Claudio Fiorentino, rimasto insoluto per 9 anni. Poi, le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che s'è autoaccusato dell'omicidio, Michele Giangaspero, hanno acceso all'improvviso un faro nel buio e portato ad accertamenti, riscontri, arresti nel clan Di Cosola e, ora, anche ad una prima condanna.

È di 30 anni di reclusione, la pena inflitta a Mario Del Vecchio, Luigi Guglielmi, ai fratelli Carmine e Pasquale Maisto e Piero Mesecorto imputati per l'omicidio del 33enne di Giovinazzo, contiguo al clan Capriati e ammazzato in un agguato undici anni fa, nel processo che è terminato ieri in abbreviato. 8 anni e 8 mesi, invece, la condanna per il collaboratore Giangaspero. Tutti gli imputati sono stati ritenuti «responsabili dei reati a loro ascritti, avvinti dal vincolo della continuazione».

Il dispositivo è stata emesso dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bari, Giuseppe Ronzino, che ha riconosciuto «le circostanze aggravanti oggetto di contestazione e le contestate recidive». Tutti sono stati condannati al risarcimento dei danni, attraverso provvisionali provvisoriamente esecutive in favore dei familiari della vittima (da 20mila fino ad un massimo di 100mila euro) e del Comune di Giovinazzo (10mila euro), tutti assistiti dall'avvocato Francesco Mastro.

L'indagine è stata coordinata dai pubblici ministeri antimafia Federico Perrone Capano e Domenico Minardi che avevano invocato l'ergastolo. Fiorentino, hanno ricostruito i Carabinieri, doveva morire perché «si era rifiutato di dare al clan Di Cosola una parte dei proventi del pizzo». L'omicidio risale al 3 giugno 2014: quel pomeriggio Fiorentino fu ucciso lungo la complanare della strada statale 16 bis con 9 colpi di una pistola mitragliatrice, mentre era in compagnia di un amico.

Quel giorno, su ordine di Guglielmi e Maisto (il più piccolo dei due fratelli), i due presunti esecutori Mesecorto e Giangaspero, con la complicità dell'altro Maisto e Del Vecchio seguirono Fiorentino, lo affiancarono mentre era a bordo del suo calesse e fecero fuoco. Sono state le dichiarazioni autoaccusatorie di Giangaspero, che ha fatto ritrovare i pezzi dell'arma, a rivelare come, dietro quell'agguato, ci fosse la guerra tra due gruppi criminali per il controllo del racket delle estorsioni.

A novembre 2023, i Carabinieri hanno chiuso il cerchio e eseguito gli arresti. Non appena saranno rese note le motivazioni (in 90 giorni), gli imputati valuteranno il ricorso in appello con gli avvocati Fabrizio Caniglia, Marcello Belsito, Consiglia Carrieri, Raffaele Quarta, Massimiliano Guido e Massimo Roberto Chiusolo.