La Polizia Locale di Giovinazzo celebra San Sebastiano

Santa messa sabato 20 gennaio all'Immacolata

giovedì 18 gennaio 2024
A cura di La Redazione
La Polizia Locale celebra in tutta Italia San Sebastiano, protettore dei vigili urbani (in foto la celebrazione del 2023). Militare romano, nato a Narbona, nell'attuale Francia, nel 256 d.C., fu martirizzato a Roma il 20 gennaio 288, per aver sostenuto la fede cristiana; oggi è venerato come santo dalla Chiesa Cattolica e dalla Chiesa Cristiana Ortodossa ed è oggetto di un culto antico che viene perpetrato a diverse latitudini.

Il Corpo di Polizia Locale di Giovinazzo onorerà il Santo sabato 20 gennaio con una celebrazione eucaristica alle ore 16.30 nella Parrocchia Maria SS Immacolata. Saranno presenti i vertici del comando di via Cappuccini e le autorità civili e militari cittadine.

L'AGIOGRAFIA
Il santo visse quando l'impero era guidato da Diocleziano. Oriundo di Narbona ed educato a Milano, fu istruito nei principi della fede cristiana. Si recò poi a Roma, dove entrò a contatto con la cerchia militare alla diretta dipendenza degli imperatori.
Divenuto alto ufficiale dell'esercito imperiale, fece presto carriera e divenne tribuno della prestigiosa prima corte pretoria, di stanza a Roma per la difesa dell'imperatore. In questo contesto, forte del suo ruolo, poté sostenere i cristiani incarcerati, provvedere alla sepoltura dei martiri e diffondere il cristianesimo tra i funzionari e i militari di corte, approfittando della propria carica imperiale.
La Passio racconta che un giorno due giovani cristiani, Marco e Marcelliano, figli di un certo Tranquillino, furono arrestati su ordine del prefetto Cromazio. Il padre fece appello a una dilazione di trenta giorni per il processo, per convincere i figli a desistere e sottrarsi alla condanna sacrificando agli dei. I fratelli erano ormai sul punto di cedere quando Sebastiano fece loro visita, persuadendoli a perseverare nella loro fede e a superare eroicamente la morte. Mentre dialogava con loro, il viso del tribuno fu irradiato da una luce miracolosa che lasciò esterrefatti i presenti, tra cui Zoe, la moglie di Nicostrato, capo della cancelleria imperiale, muta da sei anni. La donna si prostrò ai piedi del tribuno il quale, invocando la grazia divina, le pose le proprie mani sulle labbra e fece un segno di croce, ridonandole la voce.
"San Sebastiano morente risanato dagli angeli", di Giulio Cesare Procaccini, in cui il fisico nudo del santo contrasta con le sue armi da soldato abbandonate al suolo
Il secondo supplizio di san Sebastiano, di Paolo Veronese, 1565, Venezia, chiesa di San Sebastiano, in cui il santo, disteso nudo su una tavola di legno, è fustigato a morte
Il prodigio di Sebastiano portò alla conversione un nutrito numero di presenti: Zoe col marito Nicostrato e il cognato Castorio, il prefetto romano Cromazio e suo figlio Tiburzio. Cromazio rinunciò alla propria carica di prefetto e si ritirò con altri cristiani convertiti in una sua villa in Campania. Il figlio invece rimase a Roma dove patì il martirio; poi, uno a uno, anche gli altri neocristiani morirono per aver abbracciato la nuova religione: Marco e Marcelliano finirono trafitti da lance, il loro padre Tranquillino lapidato, Zoe sospesa per i capelli a un albero e arsa viva.
Quando Diocleziano, che aveva in profondo odio i fedeli a Cristo, scoprì che Sebastiano era cristiano, esclamò: "Io ti ho sempre tenuto fra i maggiorenti del mio palazzo e tu hai operato nell'ombra contro di me."; Sebastiano fu quindi da lui condannato a morte. Fu legato ad un palo in un sito del colle Palatino, denudato, e trafitto da così tante frecce in ogni parte del corpo da sembrare un istrice. I soldati, al vederlo morente e perforato dai dardi, lo credettero morto e lo abbandonarono sul luogo affinché le sue carni cibassero le bestie selvatiche; ma non lo era, e santa Irene di Roma, che andò a recuperarne il corpo per dargli sepoltura, si accorse che il soldato era ancora vivo, per cui lo trasportò nella sua dimora sul Palatino e prese a curarlo dalle molte ferite con pia dedizione. Sebastiano, prodigiosamente sanato, nonostante i suoi amici gli consigliassero di abbandonare la città, decise di proclamare la sua fede al cospetto dell'imperatore che gli aveva inflitto il supplizio. Il santo raggiunse coraggiosamente Diocleziano e il suo associato Massimiano, che presiedevano alle funzioni nel tempio eretto da Eliogabalo, in onore del Sole Invitto, poi dedicato a Ercole, e li rimproverò per le persecuzioni contro i cristiani. Sorpreso alla vista del suo soldato ancora vivo, Diocleziano diede freddamente ordine che Sebastiano fosse flagellato a morte, castigo che fu eseguito nell'ippodromo del Palatino, per poi gettarne il corpo nella Cloaca Maxima. Nella sua corsa verso il Tevere il corpo si impigliò nei pressi della chiesa di San Giorgio al Velabro, dove fu raccolto dalla matrona Lucina che lo trasportò sino alle catacombe sulla via Appia e ivi lo seppellì.
Informazioni e leggende sulla sua vita sono narrate nella Passio Sancti Sebastiani ("Passione di San Sebastiano"), opera a cura di Arnobio il Giovane, monaco del V secolo, e poi nella Legenda Aurea scritta da Jacopo da Varagine.