AFP, Depalma dice basta: «È arrivato il momento di lasciare»

Il capitano annuncia la fine della carriera: «L'hockey non è la mia unica ragione di vita»

martedì 15 dicembre 2015 11.03
A cura di Nicola Miccione
Dieci anni con la stessa maglia, dopo aver indossato quelle di Novara, Reggio Emilia e Matera. Un decennio in biancoverde, tra serie B, A2 e A1, speso in pista, in cabina di regia. A dettare i ritmi, lottare, inseguire e segnare (5 gol quest'anno, 4 nello scorso campionato, ben 12 nella stagione 2013/14, quella dell'ultima squadra che ha strappato il pass per i play-off scudetto, ndr).

L'inossidabile Angelo Depalma saluta l'AFP Giovinazzo: la partita di questa sera in Toscana sarà l'ultima della propria carriera per il 36enne giovinazzese, il capitano, innalzato al cielo da capitan Francesco Frasca, nel 1979/80, la stagione sportiva del tricolore. Quella foto è finita nel museo dei ricordi. Sembrava un'investitura, un passaggio di consegne da capitano a capitano. Lo è stato.

Per l'atleta biancoverde è arrivato il momento di salutare, indossando per l'ultima volta la maglia numero 3 contro il Forte dei Marmi, nella dodicesima giornata di serie A1: «Ore 08.47. si parte alla volta di Forte dei Marmi. Ennesimo sacrificio, - scrive Depalma in una missiva indirizzata ai mass media - di tanti fatti per la verità con immenso piacere, per il bene della nostra cara AFP Giovinazzo. L'ultimo per quanto mi riguarda.

Andrò anche stasera ad onorare la mia maglia per rispetto dei miei compagni di squadra e della società: non potevo certo esimermi dal rispettare un impegno già preso considerata anche la ristretta rosa disponibile per la trasferta. D'altro canto in tanti anni di carriera (davvero tanti, quasi tutti dei miei 36) non ho mai saltato un allenamento se non per cause di forza maggiore; mai saltato un impegno, sempre anzi in prima linea ad esortare i miei compagni a fare altrettanto.

Sfido chiunque (dirigenti, allenatori, compagni, tifosi) a dimostrare il contrario. Mi sono guadagnato in pista e meritato ogni minuto (di tanti) giocati in partita. A volte ho fatto anche di più: ebbene sì, i più non lo sanno, ma ho anche staccato un esoso assegno personale per aiutare la mia società in tempi di magra. Ero pronto, fino a ieri, a rifarlo per contribuire a rinforzare la nostra attuale rosa giocatori. E qui davvero sfido tutti: quanti giocatori ma, anche, quanti dirigenti o sostenitori l'hanno mai fatto? Adesso basta!

L'hockey, per quanto mia più grande passione, non è la mia unica ragione di vita. Come sembra invece per alcuni. La mia vita è grazie a Dio piena di... tutto. Essenzialmente e prima di tutto piena dell'amore della mia famiglia. Non mi mancano, anzi son tanti, i veri amici. Ebbene negli ultimi giorni un membro della mia famiglia, Vito Favuzzi, un padre praticamente (sfido tutti a trovarsi nella mia situazione) viene fatto oggetto di ridicole e imbarazzanti accuse volte a screditare la sua persona.

Squallide accuse frutto, per la verità, della fantasia di chi 1) non sa fatti circostanze ed avvenimenti ma si sente un invincibile animale da tastiera social 2) da chi, pur conoscendo i fatti, li rigira a propria convenienza 3) dai soliti sciacalli, prima nemici ora amici a convenienza, pronti a strumentalizzare a qualsiasi livello (spot e politica principalmente) le situazioni negative.

A Vito, mio padre, tutta la mia solidarietà. Ho sempre cercato, in qualità di atleta dell'AFP di cui Vito è stato prima presidente poi direttore sportivo, di... fare l'atleta. Ho sempre cercato, a volte con qualche imbarazzo, di scindere le due cose: il giocatore e il "parente". A volte mi sono scontrato con Vito per... colpa sì... della squadra; ho portato cioè a casa i problemi dell'AFP.

Qui sfido ancora una volta tutti: chi, chi dei compagni di squadra, lo ha fatto? Chi altro si è trovato nella spiacevole situazione in cui una tranquilla domenica trascorsa in famiglia si altera per... colpa dell'Afp? Ora basta. La cosa non mi piace più. È una insana passione. Proprio però in virtù della mia posizione sono tra i pochi a sapere la verità, a conoscere i fatti. Tra i pochi a sapere quanto duro lavoro Vito abbia svolto per l'hockey a Giovinazzo in 15 anni.

Adesso la "colpa" di Vito è quella di... dire, in faccia e senza timore, la verità... di dire che altri si fanno sistematicamente belli alle spalle dei suoi effettivi sforzi. Di dire che altri, pur mossi da una insana passione, credono di poter fare i conti senza l'oste... o, più francamente, senza soldi. Ho visto mio suocero fare il "pezzente" in giro chiedendo l'elemosina a beneficio della squadra.

Ora, improvvisamente, i suoi sforzi... i suoi malesseri per cui mi sento dannatamente colpevole... sembrano essere poca cosa, avviliti dagli incalliti social commentatori di professione. Stop. Vito e io abbiamo una splendida vita familiare che non voglio più intaccata da futili beghe... social. Ripeto: fortunatamente l'hockey non è l'unica ragione delle nostre vite. Per me può bastare. Sono già soddisfatto della mia carriera da giocatore e allenatore.

Ho già chiesto anche a Vito di ripensare al suo impegno in AFP. Gli ho chiesto se ne vale davvero la pena. Deciderà lui in autonomia. Ho provveduto in secondo luogo ad informare gli unici a cui davvero devo qualcosa, gli unici per cui davvero questa decisione mi duole: i miei compagni di squadra. A beh, gli unici dopo Fedele. AFPeace». L'hockey giovinazzese (e non solo) perde un campione unico, una bandiera eccezionale.