L'agro giovinazzese non ha segreti per la Touring Juvenatium

Ieri l'edizione 2019 di "Pedalando per i Casali"

domenica 4 agosto 2019 05.00
A cura di Gabriella Serrone
Tutti in bici alle 17.00 in punto in piazza Vittorio Emanuele II. Poi alcuni colpi di pedali e via per l'agro giovinazzese, guidati dai volontari della Touring Juvenatium e dall'etnoantropologa Nunzia Stufano.

È iniziata così l'edizione 2019 di "Pedalando per i Casali", la cicloturistica ideata ed organizzata dall'associazione culturale del presidente Vito Fumai, ormai un punto fermo del cartellone dell'Estate Giovinazzese.

I cicloamatori si sono diretti verso il Convento di San Francesco, che secondo il vulgo è chiamato anche Sant'Antonio. Si tratta di un complesso, come ha spiegato Nunzia Stufano, sorto nel 1535 in un luogo dove a metà duecento sorgeva l'antica chiesa di Santa Maria de Iodice Maraldo, poi distrutta nel 1529 ed i cui resti vennero incorporati nel convento. L'intero complesso, con la sopressione degli ordini monastici, divenne proprietà della famiglia Sagarriga, egemone in zona.

Il serpentone di biciclette ha quindi raggiunto la chiesa dell'Angelo Santo, fondata nel 1697 per volontà di don Vito Venturiero. La brava etnoantropologa ha quindi spiegato ai partecipanti che si tratta di una chiesetta ad aula unica, completamente spoglia dei suoi arredi sacri. La sua tipicità è data dall'architrave in cui si può scorgere una invocazione all'Angelo Custode.

Sostanzialmente di fronte all'antica chiesetta rurale, la cosiddetta Torre del Mancino, anch'essa oggetto della cicloturistica di quest'anno. La Torre racchiude nei locali a piano terra, utilizzati nei secoli come deposito agricolo e fornace, anche diversi pozzi.

«Il toponimo Mancino - ha quindi sottolineato Nunzia Stufano - è di difficile lettura poiché potrebbe derivare da un cognome romano, dal latino "mancus", che vuol dire storpio e quindi evocare un soprannome. Nelle carte dell'epoca, tuttavia, risulta essere Torre Adinolfi e quindi forse "Mancino" è un nome attribuito successivamente».

Poi un fuori programma, graditissimo dai tanti giovinazzesi e turisti che hanno participato alla pedalata nelle campagne. Sono infatti state mostrate ai presenti sia la chiesa di Sant'Egidio, che in antichità fu anche lazzaretto che ospitò gli appestati, sia la famosa (per i locali) Torre don Ciccio, con vari cenni storici alla loro genesi ed alla loro struttura.

Chiusura con l'ultima tappa, con tanto di spiegazione sul paraite, il muretto a secco tipico delle nostre latitudini. Si tratta di un sistema arcaico di irrigazione, che fungeva e funge da delimitazione delle proprietà e che aveva nella posa della prima pietra un momento sostanzialmente cruciale per la sua stabilità e la sua tenuta. Erano di fatto realizzati da mastri muratori dalla grande esperienza e che erano specializzati.

Nunzia Stufano si è infine soffermata sui numerosi pagghière presenti nell'agro giovinazzese, divenuti nei secoli depositi per alimenti e frutti, ma nella cui genesi ed evoluzione, almeno per gli studiosi, si possono cogliere elementi che rimandano alle antichissime tholos (tombe) di origine micenea.

Un pomeriggio istruttivo, ricco di nozioni per tutti coloro i quali hanno voluto partecipare a "Pedalando per i Casali", manifestazione che ancora una volta ha coniugato spensieratezza e divertimento, con l'amore per l'ambiente e per la sua storia che continua a parlarci a distanza di secoli.

Nella gallery alcuni dei momenti più significativi del pomeriggio grazie agli scatti di Rino Labombarda.



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