Sentenza D1.1, interviene l'Osservatorio per la Legalità ed il Bene Comune

«Vogliamo provare a individuare possibili soluzioni legali, urbanistiche e amministrative»

giovedì 27 agosto 2015 15.20
La dolorosa vicenda riguardante il sequestro ed il conseguente processo con condanne relativi alla zona artigianale D1.1 è arrivata a sentenza. Di questo ci occuperemo con dovizia di particolari nei prossimi giorni. Per ora ci limitiamo a pubblicare integralmente un comunicato giuntoci in redazione da parte dell'Osservatorio per la Legalità ed il Bene Comune.

Da "caccia alla streghe"… a "caccia alle soluzioni"

«Con il deposito presso la cancelleria del Tribunale di Bari sono divenute pubbliche le motivazioni poste dal Giudice Monocratico, dr.ssa Marina Chiddo, a sostegno della sentenza pronunciata sulla presunta lottizzazione abusiva che ha riguardato la zona di artigianato di servizio (D1.1) della nostra cittadina.

Con riferimento a tale atto, l'Osservatorio per la Legalità e per la difesa del Bene Comune, in via preliminare, non può non rilevare che trattasi di un provvedimento giurisdizionale di primo grado e non ancora definitivo. I valori fondanti dell'Osservatorio impongono di ricordare a noi stessi, prima che all'intera cittadinanza, che la nostra Carta costituzionale, all'art. 27, comma 2, afferma il principio secondo cui nessuno può essere «(…) considerato colpevole sino alla condanna definitiva».

Facciamo fatica, pertanto, a comprendere il clima di "caccia alle streghe" posto in essere da parte di alcuni dei nostri rappresentanti istituzionali in questa dolorosissima vicenda processuale. Noi vogliamo invece esprimere la nostra solidarietà e vicinanza umana in particolare a quanti, per realizzare un sogno imprenditoriale inseguito per tutta una vita, hanno correttamente realizzato immobili nel rispetto delle norme, vi hanno investito tutti i propri risparmi o si sono indebitati per acquistare un lotto ed oggi si ritrovano a vivere in condizioni disumane, circondati da fango e polvere (non solo materiale).

Noi preferiamo attendere che la giustizia completi il suo corso, augurandoci, invece, che tutti gli imputati riescano nel grado di appello a dimostrare la propria innocenza e che una porzione del territorio cittadino, oggi sotto sequestro, sia restituita ai proprietari ed alle finalità ad esso assegnate dal vigente Piano Regolatore Generale. Vogliamo provare a individuare possibili soluzioni legali, urbanistiche, amministrative e/o politiche in grado di risolvere la vicenda della zona artigianale di servizio, anche al di fuori delle aule giudiziarie.

Pertanto, da questo momento l'Osservatorio si farà promotore di ogni iniziativa utile a disegnare scenari ed ipotesi in grado di superare l'impasse istituzionale, amministrativa ed urbanistica conseguente al sequestro giudiziario della zona D1.1, chiedendo, a quanti possano fornire un qualificato contributo, di collaborare fattivamente a questo percorso. Auspichiamo che anche gli amministratori e, più in generale, la classe politica partecipino a questa "caccia alle soluzioni", conformandosi, quantomeno sino al definitivo accertamento della verità processuale sulla lottizzazione della zona D1.1, al principio di non colpevolezza sul quale i nostri Padri costituenti hanno eretto l'attuale Stato di diritto.

Precisiamo. Non vogliamo apparire "innocentisti" tout court. Vogliamo che legalità e giustizia siano affermate, e che chi ha sbagliato paghi. Ciò che invece ci interessa oggi è di formulare ipotesi e soluzioni per ridare speranza a tutti i lavoratori e famiglie coinvolte, restituire dignità e rilanciare l'economia della nostra cittadina».

Il garantismo che contraddistingue la nostra testata e la nostra linea editoriale non può non condividere alcune posizioni di questa missiva. Tuttavia sentiamo la necessità, nelle prossime giornate, di precisare alcuni aspetti di questa vicenda dolorosissima. Lo faremo per dovere di cronaca, per il diritto dei lettori di conoscere quanto scritto dal giudice e perché in questo caso, così come in altri di cronaca giudiziaria, anche di carattere nazionale, ci siamo comportati come la nostra deontologia ci impone, ossia mantenendo un silenzio assoluto sulla vicenda prima degli atti conclusivi (sebbene di primo grado).

Le divisioni tra innocentisti e colpevolisti le lasciamo ad altri. Noi faremo sempre il nostro dovere di cronisti nel rispetto pieno delle persone coinvolte.