Santa Lucia: a Giovinazzo si è rinnovata la tradizione

Falò accesi e celebrazioni nell'antica pieve rurale

martedì 14 dicembre 2021
A cura di Gabriella Serrone
Giovinazzo ha reso omaggio ieri, 13 dicembre, a Santa Lucia, tra le più venerate soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia. Un rito antico rinnovato grazie alla Parrocchia Sant'Agostino.
I fedeli si sono ritrovati nell'agro di buon'ora per l'accensione del falò, simbolo di luce a cui il culto della Santa di Siracusa, protettrice degli occhi e della vista, è legato. Nella pieve rurale, ubicata nelle campagne di Giovinazzo nell'omonima contrada, sono state celebrate tre messe al mattino e poi alle 15.30, la più partecipata, officiata da don Massimiliano Fasciano.
Un rito che il parroco di Sant'Agostino ha voluto con forza rinvigorire e che affonda le radici nei secoli scorsi, quando si celebrava il passaggio dalle tenebre della giornata più corta, alla luce. Luce come elemento di rinascita, che arriva da Dio e che segna il percorso che ogni buon cristiano deve seguire.
Un momento comunitario dal grande impatto emotivo che dimostra quanto i giovinazzesi siano ancora legati al culto della vergine e protomartire siciliana.
Nel circondario, molto sentito il rito, tra folklore e fede, dei falò (la JoaoJò) a Corato, nella sera del 12 dicembre, così come quella biscegliese. A Bari Vecchia, invece, è tradizione riunirsi nella serata del 13 dicembre in famiglia con una cena che celebra la fine delle giornate in cui le ore di buio sono maggiori di quelle di luce.

LA STORIA DI SANTA LUCIA
Le fonti agiografiche più antiche risalgono agli inizi del V secolo e raccontano di una ragazza vissuta a Siracusa alla fine del III secolo d.C. Una ragazza che si votò. «Un giorno - scrive Carlo Fatuzzo - Lucia propose alla madre, di nome Eutichia, di recarsi insieme a lei in pellegrinaggio nella vicina città di Catania, presso il sepolcro dell'illustre vergine martire Sant'Agata, per domandare a Dio la grazia della guarigione della stessa Eutichia, da molto tempo gravemente ammalata.
Giunte in quel luogo il 5 febbraio dell'anno 301, pregarono intensamente fino alle lacrime implorando il miracolo. Lucia consigliò alla madre di toccare con fede la tomba della santa patrona di Catania, confidando nella sua sicura intercessione presso il Signore. Ed ecco, Sant'Agata apparve in visione a Lucia dicendole: "Sorella mia Lucia, vergine consacrata a Dio, perché chiedi a me ciò che tu stessa puoi ottenere per tua madre? Ecco che, per la tua fede, ella è già guarita! E come per me è beneficata la città di Catania, così per te sarà onorata la città di Siracusa"». Lucia donò così la propria vita a Dio ed a Cristo, ma era promessa sposa di un pagano che la denunciò al tribunale. Si era nel periodo delle persecuzioni dioclezianee dei Cristiani e presto la giovane fu imprigionata e subì inenarrabili supplizi, mostrando sempre fede ferma e preconizzando la fine delle persecuzioni. Morì trafitta da un colpo di spada alla gola e venne sepolta nelle catacombe cristiane di Siracusa. Era il 13 dicembre 304.