Ars Vincit Omnia
La "vecchia" Giovinazzo
La Tabula Peutingeriana e “l’arte” del rispetto
sabato 6 febbraio 2016
Come è già noto, Giovinazzo ha origini antichissime: lo dimostrano i numerosi reperti ritrovati nel corso degli anni. Basti pensare allo straordinario Dolmen di San Silvestro, prova della presenza di insediamenti risalenti all'Età Neolitica. Senza però addentrarci nello specifico, facciamo un salto in avanti di qualche secolo, raggiungendo l'epoca romana.
Sappiamo che la nostra città, nota col nome di Natiolum, era inserita negli Itineraria Picta della Tabula (o Tavola) Peutingeriana. Si è già scritto molto a riguardo. Ma entrando più nel dettaglio, che cos'è la Tabula Peutingeriana?
La Tabula è stata scoperta nel 1507 dall'umanista viennese Konrad Celtes e donata a Konrad Peutinger (anch'egli umanista), dal quale prende il nome. È un rotolo di pergamena diviso in 11 segmenti, lungo 6.745 m per 34 cm di altezza. Il documento arrivato fino a noi è una copia risalente al XII sec. circa ed è conservato alla Biblioteca Nazionale di Vienna. L'originale risale al III sec d.C. circa.
Possiamo definire la tabula un itinerario, una sorta di antica cartina che rappresenta i territori conosciuti dai romani, dalla Britannia (segmento perduto) fino ai territori al di fuori dell'Impero, come Cina e India, passando dall'Europa, Africa e ovviamente dall'Italia. Il suo scopo era quello di rappresentare la rete stradale romana e quindi i centri principali dell'Impero.
Troveremo Giovinazzo (Natiolum appunto) nel segmento VI della tabula, e con essa anche Barletta (Bardulos), Trani (Turenum), Bari (Barium), e Bitonto (Butuntos).
La città era connessa alla Via Traiana, importante perché collegava Benevento a Brindisi. Questo ci fa capire che in quel periodo (II sec d.C.) Giovinazzo ha sicuramente avuto un importante ruolo come centro marittimo, data la sua posizione strategica.
Pare addirittura che le mura romane (sul Lungomare di Levante, datate circa al 113 d.C.) siano state volute dallo stesso Imperatore Traiano, come scrive Bisanzio Lupis nelle sue "Cronache di Giovenazzo".
È importante ricordare che ogni evento porta con sè una testimonianza.
In questo caso specifico la testimonianza materiale a noi giunta è il famoso Arco di Traiano (che collega Piazza Umberto I e Piazza Costantinopoli). L'attribuzione è certa, grazie all'inscrizione presente:
"Imp. Caesar. Divi Nervae F. Nerva
Traianus Augustus German. Daci Ponti. Max.
Tri. Pot. XIII Imp. VI. Cos. V.P.P.
Viam. A. Benevento. Brundisium. Pecum. Sua
Fecit"
Le quattro colonne miliari dell'arco indicavano una delle entrate del centro abitato. L'arco ogivale che ora le sovrasta è postumo, di epoca medievale.
Insomma, innumerevoli sono le dimostrazioni che attestano il ruolo che Giovinazzo ha avuto in passato, e senza citare i secoli successivi.
Da un punto di vista artistico c'è una riflessione rilevante da fare. Come già detto, ogni evento porta con sé una testimonianza visibile. Quindi ogni dipinto, ogni scultura e struttura architettonica riporta ad un determinato periodo storico, a determinati canoni stilistici. Ci viene quindi lasciata una traccia, riconoscibile e riconosciuta.
Il nostro compito, quali appassionati o semplicemente curiosi è in primis quello di rispettare questa traccia, questo lascito che la storia ci dona attraverso l'arte. Rispettarlo in ogni modo possibile: con la conoscenza e la divulgazione innanzitutto.
E questo purtroppo non basta, dobbiamo farlo anche fisicamente, evitando per esempio ogni tipo di atto vandalico che possa danneggiare l'opera: come dimenticare i danni provocati lo scorso anno da alcuni ultras olandesi alla fontana della Barcaccia del Bernini a Roma.
Quindi, come rispettiamo il nostro retaggio, che ci rende ciò che siamo, allo stesso modo dobbiamo rispettare l'arte, eredità di un tempo passato, identità di una città.