Mimmo Amoruso su calcio e futsal: «Futuro nei giovani»

L'ex allenatore del Latte Perla Bari e Noci C5: «I tecnici devono avere determinati requisiti»

giovedì 5 novembre 2015 05.30
A cura di Nicola Miccione
Il terzultimo posto del Giovinazzo di Gianni De Bellis nel campionato regionale di Promozione e le difficoltà, che appaiono superate, del Giovinazzo Calcio a 5 di Paolo Bavaro nel torneo nazionale di serie B. Fatti che accendono costantemente i riflettori sui nostri settori giovanili, con reazioni sempre unanimi: a Giovinazzo bisogna valorizzare i vivai e potenziare i settori giovanili, affinché siano più strutturati. Sono centri di formazione, apportano benefici economici, rappresentano il bacino delle prime squadre giovinazzesi e, dal punto di vista sociale, aiutano a creare aggregazione sul territorio.

Dopo l'intervento estivo di Michele Martini, c'ha pensato Mimmo Amoruso, 60 anni, di Valenzano ma da alcuni mesi residente a Giovinazzo ed ex uomo guida del Latte Perla Bari (che in due stagioni ha trovato il doppio salto di categoria dalla serie C alla serie A, nda) e del Noci Calcio a 5, a mettere in luce i tanti punti dove il calcio ed il futsal giovanile giovinazzese devono crescere: «Bisogna fare un lavoro fondamentale - dice - per valorizzare i giovani, che rappresentano il futuro del nostro calcio e del nostro calcio a 5 e noi a volte non l'abbiamo ben chiaro».

«Ho iniziato col calcio - racconta Amoruso - ho giocato in Promozione e nell'Interregionale. Quando ero ancora un ragazzino rifiutai il trasferimento al nord. Il Milan mi aveva praticamente acquistato. Ma erano tempi diversi, i miei preferivano che io restassi con loro e così continuai da dilettante in Puglia». Poi il futsal: «Nel 1982 - continua - andai in America, a New York per un periodo di vacanza da trascorrere da alcuni parenti».

Doveva starci appena venti giorni, ci rimase un anno: «Giocai infatti un intero campionato nelle New York Arrows, nel campionato professionistico americano di calcio a 6 su un campo che ricorda quello da hockey e munito di sponde». Tornò in Italia all'età di 30 anni si tuffò con grande entusiasmo nel futsal. E fu anche fortunato perché trovò nella sua città, Bari, una società tra le più attive dell'epoca: la gloriosa Poliseno, composta, tra gli altri, dai giovinazzesi Mauro Bavaro e Pino Milella. «Siamo stati tre volte campioni regionali», ricorda con orgoglio.

«Il motivo che mi ha spinto a dedicarmi al calcio a 5 - racconta - è stato il mio controllo di palla sicuro e dinamico, rapido negli spazi stretti, che mi ha reso più idoneo in questa disciplina in quanto tutte le mie caratteristiche venivano esaltate. Indimenticabile fu la finale del campionato 1981/82, trasmessa in diretta su Rai 3 dal Palazzetto dello Sport di Chianciano Terme in cui perdemmo il titolo di campioni d'Italia contro l'Hobby Sport Roma col risultato di 5-4».

Negli ultimi anni, invece, s'è occupato di settore giovanile fondando a Modugno una scuola calcio e calcio a 5, nella Polisportiva Penni: «Fino a 12 anni i bambini imparano le basi di entrambi gli sport che a quell'età sono propedeutici l'uno all'altro. Poi scelgono l'orientamento definitivo». Infine il trasferimento a Giovinazzo, dove segue con passione ed interesse le sorti dello sport cittadino.

«Sul Giovinazzo Calcio a 5 di Bavaro e sulla sua partenza ad handicap, ad esempio, - dice Amoruso - non ci sono ricette o schemi vincenti che possano dare la svolta e cambiare i risultati negativi ottenuti nelle prime tre giornate di campionato. La storia sportiva insegna che una componente importante per portare al successo è la mentalità vincente e, come hanno asserito i grandi tecnici, l'allenatore deve essere anche un grande motivatore: deve valorizzare i giocatori che possiede ed esaltare le doti personali».

«Sono finiti i tempi degli stranieri. L'Italia deve capire che, nel calcio a 5, i giovani rappresentano il futuro e per questo motivo necessitano di avere tecnici con determinati requisiti. In questo periodo di innovazione - continua - nel 2007/08 ho partecipato con la società barese Free Time ad un concorso a livello europeo, organizzato dalla Uefa, sulle nuove metodologie di allenamento, classificandoci al primo posto in Italia ed al secondo in Europa, dopo una società inglese, ma solo per una manciata di punti».

Non solo futsal. A Giovinazzo, dopo anni bui, è tornato il calcio grazie al Giovinazzo, al terzo anno di fila in Promozione. La squadra, relegata nei bassifondi della classifica e dopo le dimissioni di Savoni, è stata affidata alle cure di De Bellis: «A volte - riflette Amoruso - si cambia l'allenatore non perché quello attuale non sia bravo, ma perché i ragazzi non riescono più a seguirlo o, viceversa, il tecnico non riesce più ad imporsi. Questo avviene, soprattutto, quando è alle prime esperienze ed ha davanti a sé giocatori esperti».

«Quando ho allenato il Triggiano, in Seconda Categoria, - prosegue - ho incontrato sul campo il Giovinazzo e, già da allora, era chiaro a tutti che si trattava di una società ben salda. Infatti, ha raggiunto la Promozione a testimonianza del fatto che, con il supporto degli sponsor, la collaborazione dell'Amministrazione comunale ed un ottimo settore giovanile è possibile raggiungere i traguardi più prestigiosi».

Secondo Amoruso, papà di Sebastian, un centrale difensivo classe '92 che indossa già la fascia da capitano della Molfetta Sportiva 1917 in Eccellenza, «il calcio provinciale rispecchia quello nazionale: l'interesse è poco perché è poca la qualità che si esprime in campo e, di conseguenza, il pubblico sano diserta gli spalti. I talenti scarseggiano e i fenomeni non esistono più, ma ricordiamoci che con un buon allenatore che sia, al tempo stesso anche un ottimo educatore, si può formare una squadra fatta di uomini, prima ancora che di buoni giocatori».

Perché prima di insegnare al giocatore devi saper arrivare a lui. Questo è fondamentale: «Io mi sento pronto a contribuire alla crescita di questa cittadina meravigliosa. Ringrazio i miei ex dirigenti, saluto i miei ex compagni di squadra che mi hanno accolto calorosamente e approfitto - termina Amoruso - per ricordare un amico che non c'è più: Vincenzo Aniello, pioniere del calcio a 5», un tempio votivo al coraggio ed alla fantasia calcistica.