Marijuana nel trullo, arrestati in tre. Ma le analisi danno ragione a loro

I Carabinieri avevano sequestrato oltre 25 chili. In realtà avevano un principio attivo di Thc contenuto entro i limiti di legge

sabato 6 ottobre 2018
«La percentuale di principio attivo (Thc) presente nella sostanza stupefacente, del tipo marijuana, sequestrata è pari allo 0,19%, dunque inferiore rispetto al limite dello 0,20%», secondo quanto disposto dalla legge italiana n. 242 approvata nel dicembre 2016.

È una delle motivazioni che hanno spinto il Tribunale del Riesame (collegio presieduto dal giudice Giulia Romanazzi) a rimettere in libertà A.L., 40enne, e A.R.T., 26enne, di Giovinazzo arrestati, assieme a V.G., 23enne di Terlizzi, in flagranza di reato, dai Carabinieri. E dopo 26 giorni di detenzione anche il più giovane, difeso dall'avvocato Giuseppe Arzillo, ha lasciato il carcere di Lecce, ma - essendo gravato da precedenti condanne - è stato sottoposto all'obbligo di dimora.

I due giovinazzesi di 40 e 26 anni furono arrestati, assieme al terlizzese di 23 anni, il 30 agosto scorso dai Carabinieri della Tenenza di Terlizzi e del Nucleo Operativo della Compagnia di Bari San Paolo. Nel corso di un servizio finalizzato al contrasto del traffico delle sostanze stupefacenti, un'auto di grossa cilindrata, una Bmw, dopo un prolungato ed attento pedinamento, fu bloccata nelle campagne in località Santa Lucia, in agro di Giovinazzo.

All'interno dell'auto, di colore nero, con a bordo i tre uomini, i militari operanti rinvennero, occultati sotto il sedile anteriore lato passeggero, una busta che copriva un involucro contenente circa 1 chilo e mezzo di marijuana, subito sequestrata. E questo era solo l'inizio della storia visto che subito dopo emersero le sorprese aggiuntive. E che sorprese. Di lì a poco, infatti, sarebbe spuntata altra marijuana.

La conseguente perquisizione eseguita, subito dopo, in un trullo distante a poche decine di metri da dove si era fermata l'auto, le cui chiavi di accesso erano nella disponibilità del 40enne, consentì ai Carabinieri di rinvenire, 23,5 chilogrammi di altra sostanza, fra piante essiccate e pronte alla lavorazione ed infiorescenze già raccolte e idonee per essere imbustate e immesse nel locale mercato della droga.

Dopo l'arresto, i tre, su disposizione della Procura della Repubblica di Trani, furono condotti presso la casa circondariale della stessa città, mentre i loro legali (ad assistere i giovinazzesi c'era il penalista Mario Mongelli) hanno presentato ricorso al Tribunale del Riesame che, nelle udienze del 20 e del 24 settembre scorsi, accogliendo le istanze delle difese e le argomentazioni poste a fondamento, hanno disposto le tre scarcerazioni.

Lo stesso Tribunale del Riesame, che ha depositato le motivazioni, dopo aver ridimensionato l'episodio, escluso l'aggravante dell'ingente quantità e rimarcato come «la condotta di vita dei soggetti sia tale da non giustificare in alcuna maniera la misura cautelare», ha evidenziato, come detto, una percentuale di principio attivo (Thc) presente nella sostanza stupefacente, del tipo marijuana, pari allo 0,19%.

La legge, infatti, stabilisce che la coltivazione e la detenzione (e l'uso) di pianta di canapa è consentita se il Thc è inferiore allo 0,20% (Cannabis sativa), ritenendo sostanze stupefacenti quelle con una percentuale superiore allo 0,20% (Cannabis indica). Le analisi di laboratorio, dunque, hanno dimostrato che la marijuana rispettava i limiti fissati dalla legge 242/2016 (quella che disciplina la produzione di canapa a fini industriali, ndr).

Questo caso sicuramente non porrà la parola fine alla questione della liceità della detenzione della cannabis light, visto che continuano a registrarsi sequestri. Di sicuro, però, questa saga sta riempiendo la cronaca ormai da mesi con casi che hanno rilevanza giudiziaria sull'intero mondo della canapa.