Libera Giovinazzo nel ricordo di Michele Fazio (LE FOTO)

Torneo di calcetto ai campetti dell'Immacolata. Poi le testimonianze dei genitori

venerdì 16 luglio 2021
A cura di Marzia Morva
L'abbattimento del muro dell'omertà e degli «atteggiamenti mafiosi», il rispetto delle regole, il senso civico e di responsabilità personale, la cittadinanza attiva sono tra i punti su cui batte da tempo l'associazione Libera, che ha un presidio anche nella nostra città.
Il 12 luglio ricorreva l'anniversario della morte di Michele Fazio, ragazzo di quindici anni ucciso a Bari Vecchia, trovatosi per sbaglio nel bel mezzo di un regolamento di conti tra bande criminali. Libera Giovinazzo ha quindi organizzato un torneo di calcetto in memoria di Michele, vittima innocente di mafia, manifestazione svoltasi nei campetti della parrocchia Immacolata. Il torneo è stato vinto dalla squadra dell'Azione Cattolica della parrocchia Sant'Agostino, secondo i ragazzi dell'Arci Tressett, terzi gli scout del gruppo Agesci Giovinazzo 1.
Hanno partecipato al torneo anche le squadra di Led, della Caritas, di 2hands Giovinazzo, dei Nipoti della nonna, dell'Azione Cattolica dell'Immacolata e del Coordinamento cittadino della stessa AC. Nella seconda serata, il 13 luglio, si è svolta la premiazione alla presenza dell'amministrazione comunale (presenti Tommaso Depalma e gli assessori Michele Sollecito e Gaetano Depalo) e di Pinuccio e Lella, genitori di Michele Fazio, accompagnati da don Francesco Preite, prete antimafia del Redentore, parrocchia nel cuore del difficile quartiere Libertà di Bari.

IL PENSIERO AFFETTUOSO VERSO GIOVINAZZO ESPRESSO DA PINUCCIO FAZIO
«Giovinazzo è una città che ci ha preso a cuore, grazie al sindaco Tommaso Depalma, all'onorevole Francesca Galizia, ad Annamaria Notarangelo e a tutto il gruppo del presidio di Libera della città - ha affermato Pinuccio Fazio -. Vedo il vostro impegno, vi seguo. Bella questa iniziativa con i ragazzi che hanno giocato su questo campo; non avete dato un calcio al pallone ma alla mafia e avete scelto da che parte stare. Il giorno 12 ricorreva il ventennale della morte di nostro figlio Michele. Alla cerimonia sotto casa nostra c'erano le autorità civili e militari, le associazioni, le parrocchie. Non è un nostro compito sconfiggere la mafia, a questo ci pensano le Forze dell'Ordine, la magistratura e lo stato. Io e mia moglie Lella stiamo lavorando per riprenderci il quartiere di Bari vecchia, quella gente cattiva piano piano ha capito le nostre idee e qualcuno di loro ha scelto da che parte stare. Noi stiamo parlando ai ragazzi nel carcere minorile di Bari e il 10 agosto andremo nel carcere di Brindisi a parlare con i detenuti. Noi siamo stati colpiti con la tragedia della morte di Michele - ha evidenziato -, potevamo chiuderci in casa nel dolore, nel silenzio e nella rabbia. Invece no, il nostro impegno da venti lunghi anni è fare iniziative, creare incontri, perché vogliamo che le autorità e lo stato siano presenti sotto casa nostra. Solo se siamo uniti il quartiere e la città possono cambiare. Noi non abbiamo paura, questo è il nostro impegno, abitiamo a Bari Vecchia e non abbiamo nessuna intenzione di andare via da lì. Noi collaboriamo con le Forze dell'Ordine e con il sindaco di Bari, Antonio Decaro, abbiamo deciso di dire insieme: noi siamo "infami", siamo di Bari e non abbiamo nessuna voglia di andare via. Io sono emozionato nel tornare qui a Giovinazzo, cittadina che ci ha abbracciato e lo fa ancora e ritorneremo qui per respirare insieme il profumo della libertà. Vi vogliamo bene».

LE PAROLE DI MAMMA LELLA
«Ho visto durante la cerimonia del ricordo di Michele tanti ragazzi sotto casa mia e ho capito che loro hanno scelto da che parte stare. Mi rivolgo ai giovani, parlo da mamma: non c'è più il mio, il nostro Michele, ma ho visto tanti Michele. Voi siete il nostro futuro, avete una vita davanti, guardate la strada giusta da prendere perché chi entra nella strada sbagliata della criminalità non ha più una vita davanti a sé. Ragazzi state attenti a chi vi avvicina, non vi rovinate la vita con la droga. Michele mi diceva: "mamma non è bello quello che fanno, che dicono, come si comportano, ridono su chi non è come loro, fanno le differenze, discriminano, non mi piace". Questo era Michele, un ragazzo di quindici anni che credeva nella pace e nella libertà, rispettava tutti e non faceva differenze tra le persone. Io gli dicevo sempre di fare attenzione e lui mi rispondeva che quei ragazzi erano nati nelle famiglie sbagliate che non hanno insegnato loro i valori del rispetto e dell'educazione. Io vi dico che non ho paura, nessuno potrà tapparmi la bocca, loro si sentono grandi invece sono piccoli e credo che adesso hanno timore di me. In passato ho fatto l'omertosa, avevo quattro bambini piccoli e dove vivo io la vita non è stata facile per la presenza attiva dei clan, pensavo "basta che non mi toccano i bambini". Poi ho cambiato atteggiamento e ho deciso di parlare, di collaborare, non si deve essere omertosi, il quartiere è nostro, non è loro!».

DON FRANCESCO PREITE, PRETE ANTIMAFIA DEL REDENTORE DI BARI
«È una storia che ci appartiene - ha affermato il sacerdote coraggioso del rione Libertà - e non può non interessarci. Come ha detto Pinuccio Fazio, noi non siamo chiamati a sconfiggere la mafia, ma a salvare i ragazzi ed è un'esperienza comune a tante educatrici ed educatori nella storia, come Don Bosco. Michele non si trovava nel posto e nel momento sbagliato. Michele era lì dove doveva stare, in piazza, nel suo quartiere; quelli che sparavano non dovevano essere lì! Noi abbiamo due scelte: una, non tocca a me e mi giro dall'altra parte, e la seconda è quella di prendere parte alla storia, essere cittadini attivi indirizzati verso una prospettiva diversa, migliore, fatta di salvezza, di attenzione al bene comune. Lì ci siamo noi con le nostre buone azioni. Io sono da dieci anni al Redentore, chiesa del vivace quartiere Libertà dove sono state attuate svariate operazioni di "pulizia" di gente non buona. La mia stima va ai genitori di Michele, Bari vecchia è cambiata grazie a loro perché al costo di un figlio il quartiere ha "aperto gli occhi". Il messaggio è: bisogna prevenire. Lo sport che il presidio di Libera di Giovinazzo ha proposto nella sua iniziativa è un'attrattiva che evidenzia quanto, con azioni molto semplici, si possano fare cose grandi. Se i ragazzi sono impegnati nello sport o in attività associative vivranno di valori importanti, non saranno per strada e potranno vivere esperienze che segneranno positivamente il corso della loro vita. Noi siamo chiamati a farlo affinché la morte di Michele non sia vana. In ogni ragazzo, anche nel più difficile, c'è un punto accessibile al bene e il compito di un educatore è trovare quel punto e farlo vibrare, a questo siamo chiamati per generare un cambiamento dal di dentro. Tutto serve a costruire una società più bella, dipende da tutti noi».

LA CHIUSURA DEL PRESIDIO LIBERA DI GIOVINAZZO
«Come presidio Libera di Giovinazzo, abbiamo voluto rendere vivo il ricordo di Michele condividendo la sua passione per il calcio. Attraverso questo torneo, che ha visto la partecipazione di molteplici associazioni cittadine e parrocchie, abbiamo trasformato in impegno concreto quella che Don Ciotti chiama: "memoria viva e condivisa". Il calcio, gioco di squadra e palestra di lealtà, è stato per noi la metafora ideale per trasmettere i valori in cui crediamo, cogliendo l'occasione per lanciare un appello per una più viva partecipazione al presidio da parte della cittadinanza, in vista dei nuovi progetti che a breve si realizzeranno. A tre anni dalla sua nascita, infatti, questa realtà si appresta alla revisione del "patto di presidio", un documento che contiene progetti e obiettivi condivisi per essere sempre più attenti ai bisogni del nostro territorio. Per farlo, quindi, saremo felici di giovare delle proposte di tutti, per creare una collettività che non sia solo sensibile, ma soprattutto corresponsabile».
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