"La via del possibile"

Nuovo lavoro discografico del musicista giovinazzese Michele Jamil Marzella

giovedì 2 aprile 2015 02.28
A cura di Marzia Morva
A seguito di svariate e prestigiose esperienze in campo jazzistico, e dopo il grande successo ottenuto con il cd "Grido Nero" dell'Improbabilband, Orchestra di fiati da lui stessa creata e diretta, ritorna sulla scena il talentuoso artista di Giovinazzo Michele Jamil Marzella.

L'ottimo trombonista si presenta sulla scena musicale italiana ed internazionale con un lavoro discografico che vuole dare voce alla sua anima, quella più introspettiva e spirituale. Ecco che da queste sensazioni nasce il nuovo cd "La Via del Possibile" (Edizione DodiciLune), importante casa discografica salentina. Il lavoro è realizzato da Marzella con una band di professionisti: Pierangelo DeMarco alla programmazione, Rossella Antonacci in voce, Antonio Genchi al sax, Valentina Pavone, compagna dell'artista, al flauto traverso, Gabin Dabirè altra voce, Piero De Marco alla chitarra, Eddy De Marco al basso elettrico, Maurizio Lampugnani alle percussioni, ma anche altro vocalist ed Ugo Custodero alle percussioni hang shock.

Il brano introduttivo, intitolato "Prayer", è una sorta di pensiero personale di Marzella, che porta l'ascoltatore ad immergersi in un percorso introspettivo, al di fuori della realtà, in cui l'autore è guida e protagonista al tempo stesso. Vito Lopriore, con cui il trombonista giovinazzese condivide spesso il palco, ha l'arduo compito di "demiurgo". «"La via del possibile" - ci ha raccontato Marzella -, è quella condizione di stasi che si crea tra l'inspirazione e l'espirazione, lì dove la mente genera emozioni che diventano Karma del proprio "trip", della propria attitudine. Ognuno di noi - ha proseguito - ha la propria via del possibile. Basta osservarla e rendersene consapevoli. Le musiche presenti nell'album - ha poi specificato - fanno da colonna sonora a questa ricerca, cercando di sollecitare i punti più nascosti del nostro Essere, "poiché la musica non dice quello che devi fare ma forma e risveglia la nostra Essenza". I brani sono tutte mie composizioni, quella della composizione è un dono, è una vocazione che arriva quando meno te lo aspetti, devi essere preparato ad accoglierla quando essa arriva».

I brani hanno nel loro cuore una essenza speciale, che li rende tutti piacevoli all'ascolto nelle loro specificità stilistiche e musicali. Si racconta di viaggi che, partendo dall'anima, ritornano all'anima stessa. «La fortuna del lavoro da musicista- ci ha confidato Michele Jamil Marzella- è quello di viaggiare. Così tempo fa, in Tibet, ho imparato a suonare i Radong, le lunghe tube tibetane, di cui sono diventato uno specialista e l'unico in Europa a suonarle. Unisco ad esse, accanto all'aspetto puramente artistico, soprattutto quello spirituale di cui sono portatrici, non fosse altro per il loro suono cosi ancestrale e legato al risveglio dei chackra (punti energetici). Così ho composto "Hearth Tibet", una sorta di Puja (offerta) al Buddha, suoni ancestrali che avvolgono l'anima sia di chi le suona che di chi le ascolta, e certamente aiutano a risvegliare "l'essere" in quell'idilliaco viaggio dentro e verso la propria Essenza».

Si prospetta un altro successo per Michele Jamil Marzella, figlio di una Giovinazzo che, anche nel concerto del 29 marzo scorso in Concattedrale, ha voluto rendergli omaggio. Un omaggio dovuto al talento di chi ha scalato le vette continentali del successo, divenendo un riferimento nel suo genere, mai piatto e pronto alla contaminazione.