Festival di Aerografia, storico incontro tra Renato Casaro e Claudio Mazzi

Stamane in Sala Marano il maestro trevigiano ha incontrato pubblico e stampa

sabato 17 settembre 2016 15.50
A cura di Gianluca Battista
Una stretta di mano ed uno scatto che scrive la storia contemporanea dell'illustrazione made in Italy.

Renato Casaro, il maestro dei manifesti del grande cinema internazionale, e Claudio Mazzi, famoso in tutto il mondo per le sue penne stilografiche aerografate di grandi case e per gli accendini Zippo, si sono incontrati per la prima volta nella loro vita questa mattina presso la l'Auditorium dell'Istituto Vittorio Emanuele II.

L'incontro con pubblico e stampa era inserito nel vasto programma della seconda giornata del 1° Festival Italiano di Aerografia, visitabile fino a domani sera, 18 dicembre. Presenti l'assessore alla Cultura del Comune, Marianna Paladino, il direttore artistico della kermesse, Mario Romani, insieme ad uno degli ideatori, Nicola Giotti. A moderare Marilena Farinola. Mazzi sarà il protagonista di un evento previsto per le 18.30 di questo pomeriggio, in cui illustrerà la sua arte, raccontandosi ai fans.

Casaro, invece, ha descritto la sua sorpresa nello scoprire una Puglia bellissima ed accogliente, ma soprattutto capace di proporre eventi di grandissimo spessore come questa manifestazione. Sollecitato dalle domande della moderatrice e dei giornalisti presenti, il maestro trevigiano ha raccontato come sin da piccolo avrebbe voluto «diventare uno dei grandi del mondo dell'illustrazione cinematografica mondiale». Non è un caso che Casaro abbia più volte ripetuto il termine "cinematografica", quasi a rimarcare un amore intenso, pieno, quasi carnale per quella arte.

Ed arte chiama arte, così un giovane veneto venuto dal nulla è diventato nel tempo un punto di riferimento per la realizzazione di locandine, manifesti ed opere che hanno incantato tutto il mondo. Ad una inaugurazione della metropolitana newyorkese, ha poi svelato, lo hanno inserito tra i «big five», i fantastici cinque in questo campo. Qualcosa che lo ha riempito di gioia, ma che non gli ha impedito di restare il Renato Casaro di sempre, umile, commosso quando incontra le scolaresche ed emozionato se gli si rivolgono complimenti.

Sollecitato dalle domande, ha anche detto di sentirsi «legato praticamente a tutte le mie opere. Sono come dei figli per me, impossibile slegare il ricordo che suscitano una per una ed impossibile non ricordare la passione e l'amore messi per realizzarle». E quando gli si chiede se lo intrigano le nuove locandine, lui è lapidario: «Non ho nulla - ha evidenziato - contro le nuove tecniche di grafica, ma il cinema, oggi, non è più fascino».

Un fascino che le sue creazioni hanno esercitato su tante generazioni di cinefili, anche a costo di doversi imporre con maestri come Bernardo Bertolucci: «"Il tè nel deserto" e "L'ultimo imperatore" sono due film nati insieme - ha raccontato -. In quel frangente non furono poche le diversità di opinioni sui manifesti con Bertolucci. Ma lui è un grande e tra persone intelligenti ci si capisce smorzando i toni. E così - ha detto sorridendo Casaro - qualche volta ho vinto anche io».

Tra i suoi capolavori anche il disegno per "Francesco" di Liliana Cavani, che affonda le sue radici nella scuola del pittore seicentesco Rembrandt Harmenszoon van Rijn, appartenente al periodo definito dell'oro della scuola olandese. Ispirandosi alle sue tele, Casaro pensò di realizzare una rappresentazione di Mickey Rourke che richiamasse il più possibile una certa spiritualità: «Liliana Cavani - ci ha raccontato - è una regista che fa della ricerca il suo forte. E non è stato semplice realizzare questa opera. Rourke passava per un duro ed un sex symbol ed io dovetti ispirarmi a Rembrandt per tirarne fuori quell'alea di spiritualità che si addiceva al personaggio interpretato».

Casaro ha posto in evidenza i meriti di sua moglie nel conservare le sue opere e l'interesse verso la sua arte dei tedeschi, tanto da fondare una scuola proprio in Germania. E quando si è cercato di stuzzicarlo sulla luce delle sue realizzazioni, con semplicità disarmante ha risposto indicando il suo cuore: «Viene da qui quella luce...».

Claudio Mazzi gli ha anche chiesto come quella luce venga fuori dalle sue creazioni e resti impossibile imitarla. Casaro ha così sottolineato l'importanza della ricerca e «di avere accesso al set cinematografico, buoni contatti con i registi e con gli attori. La foto - ha spiegato - è fonte di ispirazione e base di tutto per dare poi espressività al volto e creare i presupposti per una luce che dia una dimensione diversa al disegno».

Chiusura con la passione per l'aerografia a cui Casaro è giunto relativamente tardi: «Sarei morto artisticamente - ha detto - e sentivo la necessità di mutare il mio stile, aggiornandolo dopo essermi avvicinato molto all'impressionismo. Ed ecco che l'aerografo è divenuto compagno di viaggio».

Il Festival Italiano di Aerografia prosegue stasera e domani con tantissimi appuntamenti. L'IVE resterà aperto oggi fino alle 22.30 e domani dalle 9.30 fino a sera. Ieri sera, secondo un dato fornitoci dal direttore artistico Mario Romani, hanno visitato la kermesse circa 2.000 persone, decretandone un successo che riempie d'orgoglio anche l'assessore alla Cultura, Marianna Paladino, ringraziata dagli organizzatori per la disponibilità manifestata in questi mesi.