Ars Vincit Omnia

Quanto vale?

Dal furto di Castelvecchio al valore dell’opera d’arte

Anche se è passato qualche mese, sicuramente tutti conosciamo o almeno una vota abbiamo ascoltato o letto la notizia del famigerato furto di ben 17 opere d'arte al Museo di Castelvecchio a Verona, accaduto il 19 Novembre 2015. Tra i dipinti rubati, vi erano opere di Pisanello, Rubens, Mantegna, Bellini, solo per citare gli autori più famosi.

Economicamente parlando, il danno è stato di circa 10 - 15 milioni di euro. Non proprio monetine...
Sui social si è discusso molto di questo attentato all'arte. Un danno davvero grande, un furto grave nella storia artistica del nostro paese. Ci sono varie opinioni sul caso: si dice che le opere, essendo invendibili sul mercato, saranno inserite in una collezione privata; altri scrivono che le opere siano state rubate solo per chiedere un riscatto. Alcuni pensano addirittura che le opere adesso siano in mani migliori. La verità probabilmente non la sapremo mai. E purtroppo, dopo la prima settimana di clamore, il silenzio.

Da amante e studiosa dell'arte, non ho potuto fare a meno di pensare all'impatto che questa notizia ha generato nelle nostre menti. Quello mediatico è stato sicuramente forte. Sicuramente più di qualcuno sarà rimasto a bocca aperta dopo aver conosciuto il valore di questi dipinti. Il valore monetario, certo. Ormai lo conosciamo tutti. Sappiamo bene che l'arte "costa".

Ma qual è il suo valore effettivo, il suo valore reale? Di sicuro non è una domanda di facile risposta. Secondo la legge "Sono beni culturali le cose (…) che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalle legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà."
Si parla in questo caso di un valore riconosciuto. Magari è facile dire «quest'opera è bella perché famosa», o magari perché lo dice lo storico o il critico d'arte di turno.
E questo va anche bene, come primo impatto all'arte, ma la cosa più importante è imparare a riconoscere nell'opera un valore strettamente personale, che dipende dall'opinione e dalle reazioni che noi stessi abbiamo di essa.

Cosa avviene in noi quando, per esempio, vediamo la Gioconda? Ci intriga, potrebbe addirittura causarci un accenno di sindrome di Stendhal, o potrebbe anche deluderci. Ecco dunque, uno splendido dipinto potrà essere riconosciuto a livello mondiale, potrà valere un sacco di soldi. Ma, se non crea un personale attaccamento emotivo, avrà comunque lo stesso valore? Io credo di no.
In una visione più semplicistica mi rifaccio al detto «Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace».

Ovviamente, non bisogna di certo essere esperti d'arte per poterne apprezzare le tematiche. Le aule universitarie sarebbero piene fino a scoppiare.Perciò, se il turista si soffermerà sulla mera bellezza e l'amatore apprezzerà le pennellate, lo studioso si soffermerà sul pigmento utilizzato. Ognuno avrà visioni e opinioni diverse in merito.

È l'insieme di queste visioni a generare il valore "primordiale" dell'opera d'arte, che è tutto questo: bellezza, tecnica, passione, amore. Possiamo definire questo concetto come il primo passo verso la scoperta e l'apprezzamento della storia dell'arte in tutte le sue forme. Infatti, non possiamo riconoscere il valore dell'arte se in primis non riconosciamo il suo effetto su di noi. Una volta capito questo, la lettura stessa dell'opera sarà più semplice, e sicuramente non passerà più inosservata.
I passi successivi, poi, avvengono naturalmente.

Quindi, che si osservi il Dolmen di San Silvestro di Giovinazzo, o che si visiti la Galleria degli Uffizi di Firenze, il valore dell'arte sarà sempre unico, completamente nostro, nonché universale.

Ci auguriamo comunque che l'equilibrio venga ristabilito al più presto e che il vero valore dell'arte non venga più violato così.
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