Cancro del pancreas
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Cancro del pancreas: cosa aspettarsi dalle terapie avanzate?

Ne parliamo con il dott. Dario Sannino, Global Quality Compliance Director di una multinazionale farmaceutica svizzera

"Cos'è un pancreas, comunque? Non so nemmeno a cosa serva, oltre a darti il cancro". Questa frase, pronunciata dal personaggio di Tommy Lee Jones nel film "Space Cowboys", riassume molto bene da un lato la scarsa consapevolezza delle funzioni fisiologiche di un organo vitale, dall'altro la chiarezza con cui una diagnosi di tumore pancreatico si associa a scarse prospettive di sopravvivenza a lungo termine. Infatti, le attuali opzioni curative sono assai limitate ma un'interessante review apparsa a febbraio sulla rivista Human Gene Therapy descrive diversi filoni di ricerca nel campo delle terapie avanzate che da qui ai prossimi anni potrebbero (auspicabilmente) cambiare la situazione.

Ne parliamo con il dott. Dario Sannino, Global Quality Compliance Director di una multinazionale farmaceutica svizzera operante nel settore delle biotecnologie, che ha maturato esperienza in Olanda in ambito terapia genica e cellulare.

"Quella del pancreas è una delle neoplasie dalla prognosi peggiore e purtroppo, secondo gli autori della review citata, i tassi di incidenza e mortalità ad essa correlati sono destinati a raddoppiare entro il 2040. I più recenti dati dell'Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) indicano una stima di circa 15 mila diagnosi annuali di tumore al pancreas in Italia, e a preoccupare di più è la sopravvivenza a cinque anni dalla scoperta che supera di poco più il 10%. L'approccio chirurgico è quello di prima scelta ma solo in una ridotta percentuale di pazienti risulta idoneo. Solitamente, alla chirurgia si abbina la chemioterapia adiuvante ma quando la malattia è in fase metastatica le opzioni di cura si riducono alle cure palliative. Appare evidente la necessità di integrare l'armamentario terapeutico a disposizione degli oncologi e la terapia genica si presenta come una promettente soluzione.

IL PANORAMA DEGLI STUDI CLINICI


"Secondo quanto riportato nella review pubblicata da un team dell'Università di Tolosa sono circa 2600 gli studi clinici, completati o attivi, basati su prodotti di terapia genica o terapie innovative (tra cui cellule CAR-T e vaccini anti-tumorali). La gran parte di quelli destinati a contrastare il cancro al pancreas si trova ancora in Fase I, a testimonianza della difficoltà di traghettare nuove ed efficaci soluzioni di trattamento verso le fasi finali di valutazione. Sebbene alcuni dei triadescritti - come quello riguardante TNFerade, basato sulla capacità di un vettore virale di veicolare il gene del TNF-alfa (Fattore di Necrosi Tumorale-alfa) direttamente nelle cellule del tumore - partissero da premesse intriganti, non tutti hanno superato la prova dell'efficacia, perciò gli studiosi francesi hanno deciso di focalizzare la loro attenzione solo su 82 studi attivi (la maggior parte dei quali riguardante vaccini e processi di ingegnerizzazione di linfociti T o Natural Killer).

VACCINI


"Come può esistere un vaccino contro il cancro? Per comprendere meglio cosa significhi utilizzare i vaccini per prevenire il cancro occorre rievocare il significato di un vaccino, che è quello di stimolare una risposta da parte delle cellule del sistema immunitario. Perciò, i vaccini antitumorali rappresentano preparati a base di cellule ingegnerizzate per esprimere antigeni (o frammenti degli stessi) tipici del tumore allo scopo di "attrarre l'attenzione" delle varie componenti del sistema immunitario e spingerle a contrastare il tumore. In pratica, il vaccino consentirebbe al sistema immunitario di riconoscere certe strutture della cellula tumorale per scatenare contro di essa una pronta risposta. Un esempio di questo genere di vaccini è dato dalle cellule di cancro del pancreas prelevate dal paziente e modificate per secernere il fattore di crescita delle colonie di granulociti e macrofagi (GM-CSF): agiscono attivando le cellule dendritiche e incrementando la presentazione dell'antigene che le cellule B e T possono prendere a bersaglio. In aggiunta, la strategia promuove la citotossicità mediata da cellule dipendente da anticorpi e l'attività delle cellule citotossiche attivate dall'Interleuchina-2 (IL-2). Negli Stati Uniti sono sei gli studi clinici in corso - prevalentemente in Fase I, I/II e II - su un vaccino di questa tipologia.

"Tra le sostanze prodotte da certi tipi di tumore al pancreas ci sono anche HER2, KRAS - al centro di una ricerca preclinica condotta dalla biotech Moderna Therapeutics, che ha sviluppato una robusta esperienza nei vaccini a mRNA contro il COVID-19 - e la mesotelina, su cui i ricercatori hanno concentrato la loro attenzione con la produzione di terapie a base di cellule CAR-T.

CAR-T


"Sono già state riportate possibili indicazioni di utilizzo di una terapia basata sull'utilizzo di linfociti T infiltranti il tumore e alte dosi di interleuchina-2 (IL-2) contro il tumore al pancreas ma, in questo caso come nei precedenti descritti, sono trattamenti ancora lontani dal poter esser usati in fase clinica. Infatti, un significativo ostacolo allo sviluppo di queste tecniche nell'oncologia solida è legato al rischio di generare una risposta eccessiva (o eccessivamente scarsa) in relazione ai frammenti di antigeni scelti. Pertanto, i ricercatori stanno valutando la possibilità di realizzare costrutti bi-o tri-specifici, capaci di riconoscere non uno bensì due, tre o più antigeni esposti sulla superficie del tumore; parallelamente stanno studiando l'ingegnerizzazione di altre componenti del sistema immunitario come le cellule Natural Killer (NK). Quattro sono gli studi clinici attivi su questo fronte negli Stati Uniti e tutti sono rivolti al contrasto delle metastasi epatiche generate dal cancro del pancreas".

GENI SUICIDI E VIRUS ONCOLITICI


"La strategia dei geni suicidi prevede di introdurre un transgene nelle cellule bersaglio così da indurne la morte. Potremmo immaginarla come una strategia kamikaze su cui molti gruppi di ricerca stanno indagando ma che, per il momento, rimane confinata alla prime fasi di sviluppo (soprattutto I e II). Diversamente, l'idea di manipolare dei virus per aggredire il tumore nasce dall'osservazione di alcune regressioni tumorali successive a un'infezione virale. In molte neoplasie, infatti, il microambiente tumorale risulta immunosoppresso configurandosi pertanto come un terreno ideale per la penetrazione dei virus che, distruggendo le cellule tumorali, suscitano un'infiammazione localizzata; in tal modo questa contribuisce a richiamare l'attenzione del sistema immunitario. L'ingegnerizzazione di virus - come quello dell'herpes simplex - per aggredire il tumore si inserisce in un programma di ricerca che oggi vanta diversi prodotti ancora nelle fasi iniziali di sperimentazione (Fase I o I/II). La speranza è che (presto) essi possano progredire e giungere al letto dei pazienti.

Ognuno degli approcci descritti identifica una possibilità di sviluppare nuovi trattamenti per una forma tumorale altamente aggressiva per cui oggi mancano cure efficaci e specifiche. È difficile sapere se ognuno di essi si trasformerà in una nuova terapia e, soprattutto, quando ciò accadrà ma da tutti giungeranno competenze fondamentali per il progresso della medicina. Al contempo però è fondamentale non trascurare lo sviluppo di nuovi biomarcatori per stratificare i pazienti e comprendere meglio le caratteristiche del tumore, così da sperare di mettere a punto contro di esso terapie sempre più mirate e risolutive".
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