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Attualità

«Presidente Emiliano, ce si ditt?»

La lettera aperta dell'ARAC Giovinazzo al Governatore della Puglia. Un grido d'allarme di una intera categoria

C'è apprensione tra i ristoratori, gli albergatori e i commercianti di Giovinazzo appartenenti all'ARAC, che da quasi un anno sono strozzati da una crisi economica che sembra non avere fine. La pandemia sta distruggendo un intero settore, quello della ricettività e quello della ristorazione, con tutto l'indotto del commercio.
Gli autori della lettera che vi pubblichiamo sono loro, una parte consistente delle persone che investono da anni sul territorio per creare piccole e medie aziende da cui vivono decine di famiglie. Il loro è un grido d'allarme disperato: non chiedono sussidi, mancette, piccoli sostegni. Chiedono dignità e soprattutto chiarezza nella programmazione di un futuro che, mai come in questo periodo, appare incerto.
Riescono a fare ironia, quella amara di chi ha ormai poco da perdere e chiede al Presidente Michele Emiliano un strada da seguire, certa, senza più curve a gomito da percorrere. Forti anche le parole contro l'Amministrazione comunale.
Di seguito il testo. (G.B.)

«Presidente Emiliano, ce si ditt?
Lei sa perfettamente qual è il senso della domanda che, con il dovuto rispetto, le poniamo. Siamo i componenti del direttivo di un'associazione di ristoratori, albergatori e commercianti di Giovinazzo. Le scriviamo perché ci stiamo perdendo, abbiamo bisogno che lei ci indichi una strada.

Abbiamo provato in tutti i modi a seguirvi, a continuare a pensare che il rispetto delle regole, la correttezza dei comportamenti, la fiducia nelle istituzioni potessero essere l'unico sentiero da percorrere nei tempi della pandemia. Ci abbiamo provato, ma oggi constatiamo che, nonostante tutta la buona volontà, siamo finiti in un vicolo cieco. Cieco perché, nonostante il rispetto per le istituzioni e per chi ne occupa i ruoli di vertice, ci sentiamo presi in giro e soprattutto senza la forza e l'entusiasmo di continuare a soffrire per le nostre attività, che non siete in condizione di farci svolgere.

Non vogliamo sferrare il solito attacco di natura politica, ci creda. Non ne siamo interessati e non ne abbiamo le forze. Anche perché da questo punto di vista siamo ancora più confusi, vedendo il continuo peregrinare di "politici" da uno schieramento ad un altro e soprattutto sentendovi parlare di questioni che sono importanti solo per voi. Né vogliamo segnalarle le consuete distorsioni di un sistema che vorrebbe imporre le regole, ma non è in grado di farle applicare.

Né vogliamo discutere la valenza delle regole stesse, perché lo scaricabarile tra responsabilità centrali e territoriali ci farebbero ritrovare nel solito frullatore, del quale siete abili manovratori. Ci sono cose che mai comprenderemo (supermercati aperti, anche di domenica, anche di sera, asporto dai bar fino alle 18:00, con piazze e giardini pieni fino alle 22:00).

Non è nemmeno di questo che vogliamo parlarle. Né tantomeno vogliamo segnalarle l'incomprensibile atteggiamento di quegli esercenti che, in barba ad ogni regola, continuano a lavorare come se le regole non ci fossero (apertura dopo le 18:00, servizi all'interno anziché d'asporto, etc.).

È una guerra tra poveri nella quale non ci lasceremo trascinare. Vogliamo dirle invece che:
  • in zona arancione noi non lavoriamo, non incassiamo, non sappiamo come fare. Parallelamente vediamo la gente in giro, assembrata come se nulla fosse, con la mascherina che sembra un accessorio e non uno strumento di protezione. Mentre vediamo che al di fuori dei locali che possono fare asporto dopo le 18:00 gli assembramenti sono continui e ci fanno rendere conto che, se le ipotesi degli esperti sono corrette, dalla pandemia non ne usciremo per ora.
  • Lavorare con l'asporto per i bar ed i ristoratori in genere è simile a "mendicare": ci chiediamo se vi siete resi conto di quale umiliazione ci sia nel dare un servizio del genere. E non capiremo mai qual è la differenza tra l'esposizione in un bar con il rispetto della distanza di sicurezza e la corsia di un supermercato dove la distanza non c'è e dove l'utilizzo della mascherina è a discrezione.
  • Ci deprime vivere quotidianamente con i nostri collaboratori, che avrebbero dovuto essere avantaggiati per effetto di regolari contratti di lavoro, che non percepiscono l'indennità CIGD da ottobre scorso, nonostante ci si vanti che la Puglia sia la prima regione a concludere la procedura per l'erogazione della stessa, perché, come sempre, ci immedesimiamo nelle difficoltà delle famiglie e, per quanto ci è stato possibile, abbiamo dato una mano, perché si tratta del patrimonio più importante che abbiamo saputo costruire.
  • Continuiamo a vedere in giro ragazzi che non sono studenti, ma forse godono di benefici che, nella maggior parte dei casi, si ritorcono addirittura contro quelle categorie come la nostra che, attraverso la tassazione insopportabile cui sono sottoposte, consentono erogazioni di sussidi a pioggia. Queste da un lato non seminano nulla per il futuro, dall'altro alimentano quegli assembramenti che creeranno a breve un aumento ulteriore della curva pandemica • Nel frattempo gli affitti vanno pagati ed a poco vale il credito d'imposta del 60%, perché, se in tempi normali sarebbe un ottimo incentivo, in tempi come questi ci sembra una presa in giro proprio perché collegata alla parola "imposta"
  • Le fatture legate ai servizi (energia elettrica, gas, acqua, etc.) continuano ad essere gravate da inconcepibili balzelli che, mai come in questo momento, risultano insopportabili. Rispetto al consumo effettivo, l'imposizione supera abbondantemente il 60% del totale della fattura stessa.
  • Continuiamo ad essere ancora arancioni, insieme a poche altre regioni. Siamo gli ultimi della classe, ma ci chiediamo se la situazione sia il frutto di valutazioni scientifiche ponderate ovvero di strategie politiche delle quali non riusciamo a tollerarne il senso.
  • L'erogazione dei contributi a fondo perduto, avvenuta per i primi periodi di lock down, non è nemmeno programmata, e questo ci preoccupa non poco, perché, come forse continua a sfuggirvi. Le aziende non possono mantenersi se non riescono a fatturare e se, per questa gravissima limitazione, non riescono nemmeno a ricevere il minimo dei fondi necessari.
Da questa analisi scaturisce la domanda con cui abbiamo iniziato: Presidente Emiliano, ce si ditt? Abbiamo provato a interloquire con l'amministrazione comunale, ma al di là di qualche rinvio di tasse locali, abbiamo percepito la mancanza di volontà di interessarsi a problemi di questa portata. Abbiamo avuto il dubbio che non si tratti solo di volontà, ma anche di capacità di affrontare problemi di questa natura senza gli strumenti culturali, amministrativi e politici adeguati.

Ecco da dove scaturisce la domanda: Presidente, ce si ditt? Nel senso che non la sentiamo, che i provvedimenti della sua giunta vanno in direzioni che non riusciamo a intercettare, che stiamo morendo e non sappiamo cos'altro fare. Presidente, ce si ditt?».
  • Michele Emiliano
  • Arac Giovinazzo
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