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I «No Triv» non firmano: «Troppo blande le posizioni delle Regione»

Chiedono un documento più incisivo contro le trivellazioni in Adriatico

Sette esemplari di capodoglio spiaggiati a Punta Penna, nelle vicinanze di Vasto. Tre cetacei sono morti gli altri quattro i soccorritori sono riusciti a spingerli in mare aperto. È una delle tante conseguenze, secondo i movimenti «No Triv», delle prospezioni marine che alla ricerca di petrolio, si stanno effettuando davanti alle coste della Croazia. Una tesi suffragata dal fatto che proprio al largo di quelle coste nei giorni scorsi fu avvistato un brando di grossi mammiferi marini.

Un analogo caso fu registrato nel 2009 con altri capodoglio che si spiaggiarono e morirono lungo le coste del Gargano. Sono questi i pericoli che gli ambientalisti denunciano opponendosi alle trivellazioni in Adriatico. E sono questi i pericoli che hanno voluto rappresentare anche nel corso di un incontro che si è tenuto alla Regione. Un «tavolo tecnico» voluto dal presidente del Consiglio regionale Onofrio Introna. «Abbiamo voluto partecipare – hanno affermato i "No Triv" per ascoltare prima di tutto le posizioni istituzionali e conoscere le realtà convocate». All'incontro erano presenti i rappresentanti di alcuni dei Comuni coinvolti dalle richieste della «Global Petroleum», la multinazionale che ha chiesto la «Via» la valutazioni di impatto ambientale, per iniziare a sondare i fondali del basso Adriatico in cerca di giacimenti di idrocarburi. E sono intervenute anche le associazioni ambientaliste presenti su tutto il territorio pugliese. «Ci hanno sottoposto un documento da firmare – hanno ancora affermato i "No Triv" – da inviare al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi.

Un documento debole, per la verità anche perché non fa il pinto sulle scelte energetiche ed economiche del Governo». Un documento che i «No Triv» non hanno voluto firmare. «È necessaria una cabina di regia unica – hanno affermato ancora – che coinvolga non solo le associazioni e le istituzioni locali, ma anche tutti gli eletti pugliesi sia al Senato che al Parlamento. Non abbiamo voluto firmare perché, in fondo, la Regione non prende le distanze da un modello di sviluppo che in qualche maniera ci viene imposto». Un modello di sviluppo che non può continuare a basarsi sempre sul petrolio come unica o principale fonte di approvvigionamento energetico. È lo stesso presidente Introna in qualche modo a rimarcarlo. «Il petrolio che giace sul fondo del nostro mare – ha affermato nel corso di una intervista – garantirebbe una autonomia energetica per non più di due mesi, otto settimane».

Se poi si aggiunge che quel petrolio è di scarsa qualità verrebbe da dire che il gioco non vale la candela. Alla fine il petrolio andrebbe alle multinazionali, i danni ambientali rimarrebbero tutti ai pugliesi. E quei capodoglio spiaggiati potrebbero essere un monito.
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